A Bastia Umbra esempio di architettura che si ispira alle linee delle case dismesse
L’opera che presentiamo è di Paolo Schicchi, un architetto attivo da tempo nel campo della progettazione, con interventi di edilizia privata: residenziale, industriale e nel terziario. Si occupa anche di restauro e ristrutturazione edilizia, di progettazione di interni con interventi nel campo del design. Si trova a Bastia Umbra, un comune che supera i ventimila abitanti, con una forte presenza di stranieri. Situato nella Valle Umbra, tra Perugia e Assisi, lungo il fiume Chiascio,impreziosito da un ponte realizzato nel Cinquecento dal noto progettista Galeazzo Alessi. La città mostra numerose architetture degne di attenzione come la Rocca dei Baglioni e la collegiata di Santa Croce, realizzate nel corso del tempo. In epoca più recente, il Centro Gruppi Fa-miglia, costituito da tre volumi in cemento armato, di pianta rettangolare, progettato alla fine degli anni Settanta da Renzo Piano per finalità sociali. Purtroppo oggi sono dismessi e fatiscenti.
In una zona di recente urbanizzazione, su un terreno occupato da una abitazione preesistente che risale agli anni Sessanta e altri fabbricati utilizzati come depositi e autorimesse, è stata realizzata l’opera in questione che recupera le volumetrie esistenti per costruire un organismo edilizio completamente nuovo e degno di interesse. Grazie anche al fatto che le scelte progettuali sono state condivise dalla committenza. L’abitazione si articola su tre blocchi che si connettono tra loro mentre percorsi vetrati accentuano il distacco degli uni rispetto agli altri. Una zona giorno con ingresso, soggiorno, cucina e pranzo. La zona notte, organizzata su due livelli, con la camera padronale, spogliatoio e bagno, al piano terra e due camere per i figli con bagno in comune al piano primo con una scala interna che collega anche il piano interrato.
Lo studio che trova ospitalità nel terzo blocco, con un volume fortemente accentuato. La rampa carrabile crea il distacco tra l’abitazione e lo studio. L’architetto ha voluto realizzare un organismo edilizio capace di dialogare con l’esterno grazie alle ampie chiusure vetrate che puntano a rendere immateriali i volumi e fortemente permeabile all’ambiente. Al contrario le pareti rivestite di pietra a spacco che evoca quella rosata, proveniente dalla cave del Monte Subasio e tradizionalmente impiegata ad Assisi sottolinea e rafforza la funzione strutturale dei setti murari che costituiscono l’ossatura portante dell’abitazione e la articolano in blocchi funzionali.
Il risultato finale è più che apprezzabile e solleva un in terrogativo. Perché nella dolce Umbria continuano ad essere realizzate brutti capannoni industriali e opere di edilizia più che modeste, spesso banali e comunque senza alcun pregio architettonico?
Perché è senso comune che le opere del passato, e non solo quelle di pregio ma anche il tessuto diffuso, meritino tutta la nostra considerazione mentre quelle che testimoniano l’oggi possono essere prive di qualsiasi qualità? Ai posteri l’ardua sentenza?di MARIO PISANI