Bastia

L’antiquariato rivive a Bastia In vetrina tesori e opere d’arte

La rassegna entra nel vivo: ottanta stand da non perdere
BASTIA-  APPENA S’ENTRA, dopo il grande ingresso, la serpentina del corridoio è tappezzata da occhi di luci sui due lati: sfilano uno dopo l’altro gli ottanta stand di Assisi Antiquariato e sono caverne dorate che attendono sguardi compiacenti per svelare tesori. Se si ama il bello in tutte le declinazioni del gusto, sempre variabile e mosso, se si vuole entrare nel sapore di una società dalla porta principale, nulla di meglio esiste che sintonizzarsi con queste schegge di bellezza, costume e voce dei periodi, desiderio e lusso, vocazione di una classe alta ed esigenza di essere oltre, come insegnava più d’un secolo fa Oscar Wilde.
EDIZIONE che non delude neppure una delle mille attese, la numero 39 al centro Umbriafiere. Perché tale è l’abbondanza delle opere da far risultare difficile la scelta e il ricordo, e qui non si parla del cliente danaroso, ma del puro gusto visivo, della conoscenza diretta dell’amatore. Si sfoglia il vocabolario e alla rinfusa escono le parole vergate in bella grafia, una sorta di impressioni emozionate. Ecco l’Art Decò e Nouveau, che sono distinte anche se legate da parentela, del londinese Maurizio Lorenzo, porcellane e vetri, specchi e piatti, orologi argentei dalle foglie pendule come una coppia di nostalgici candelabri. Tutto adatto a una femme fatale. E il Biedermeier de I Volpini, sigla della borghesia dal congresso di Vienna al 1848, le maioliche targate Deruta di Asioli Martini, tra Cinque e Ottocento, a partire da un vassoio circolare attribuito a El Frate, i dipinti moderni di 900 Art Gallery: c’è un’Aurora Umbra di Dottori, due Bruschetti turbinosi di aeropittura, un palpitante mercato di Irolli, i riflessi meravigliosi dei vetri di Gallé. Quadri a profusione, al pari dei mobili, un fiorire di date e di attribuzioni, di soggetti e di generi che sono un autentico viaggio lungo il crinale dei secoli. Non dimenticando la grafica del belga Kekko, linee e spartiti di maestri. Cristoforo Allori, Vincenzo Meucci, il Cavalier d’Arpino, Van Goyen, Aniello Falcone che esalta le vibrazioni partenopee, i due Tiepolo, un Rubens, più uno stupendo olio settecentesco della veneziana Giulia Lama. Da rammentare poi il magnifico cassone lumeggiato in oro della famiglia Chigi presentato da Altomani, i tappeti di Preda, i gioielli di Saffa, un’ambra oblunga che all’interno conserva una storia ritrovata con frammenti di natura, e bracciali, orecchini, spille di Miriam Haskell, Judith Miller e perle e gioielli d’America. Diversi antiquari stranieri e parecchi umbri, sempre con pezzi usciti da selezioni severe. Mille e una sono le curiosità, ma non si deve perdere il guerriero a cavallo del XV secolo di Caligiana, il cavallone a dondolo, le vecchie panchine in legno e metallo, l’insegna di un pub, echi di tempi perduti, di Trame e le icone di Plus Art e di Mossini, ricco anche dell’arte tribale d’Oceania, i ferri di Calamai (casseforti, batocchi, elmi), i manichini, i vestiti, i modelli di Morello e la presenza di Ennio e Piero Riccardi, assisiati. Per ultimo, volutamente, si ricordano, perché Ennio è uno dei fondatori della grande rassegna, animatore corretto e saggio.
TRA LE COLLEZIONI offerte si impongono un dipinto giottesco, un San Giovanni di scuola ferrarese, un tondo del Beccafumi, uno scultore seguace di Arnolfo di Cambio, una cassetta del ’400 mirabile per conservazione, una Madonna lignea di metà ’300 di scultore umbro emigrato alla corte angioina e un volto di Federico II in pietra di Trani. Per il visitatore è solo l’inizio: la rassegna è tanto calamitante che c’è il rischio di perdersi. In un sogno, proprio così.
mimmo coletti

Nazione-2011-04-26-Pag05

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