Bastia

Il caso Valfabbrica e l’autolesionismo di An

Potrebbe essere un episodio non isolato. Assisi e Nocera “tremano”


Massimo Mantovani*


In questi giorni, sono decine le telefonate di sdegno che ho ricevuto, per il vergognoso comportamento di An che ha rimandato a casa l’amministrazione comunale di centrodestra a Valfabbrica. Un fatto di incredibile autolesionismo, considerando le motivazioni tra il puerile ed il paranoico che lo hanno provocato; in una regione poi come l’Umbria dove lo strapotere delle sinistre certo non ha bisogno di truppe ausiliarie, come, di fatto, sono gli attuali dirigenti di An della nostra regione. Perché Valfabbrica non è un caso isolato, un evento simile potrebbe a breve ripetersi ad Assisi e Nocera, dove anche lì An è l’elemento di destabilizzazione, alimentato e consentito proprio dai vertici: chi con fanatica e dichiarata determinazione (Lignani), chi con sotterranea complicità (Laffranco, Zaffini), chi con olimpica indifferenza (Benedetti Valentini, Crescimbeni). Alla base, la ricerca spasmodica di qualche preferenza in più alle prossime elezioni regionali, o la conquista di qualche ulteriore spazio negli equilibri interni di partito. Alla faccia della responsabilità. Non è un caso che proprio una settimana fa, i sindaci Bartolini, Passeri e Petruzzi abbiano redatto un documento per informare i vertici nazionali di questo preoccupante ambiente. Situazione che per capirla fino in fondo, si ha la tentazione di scomodare la psicoanalisi anziché la ragion politica, tenuto conto poi che Valfabbrica segue di qualche giorno la designazione proprio di un esponente di An, Pietro Laffranco, come candidato alla presidenza della Regione; quello che dovrebbe sfidare Maria Rita Lorenzetti… Se non parlassimo di cose serie, potremmo abbandonarci alla comicità più sfrenata, roba da barzellette da consegnare alle pagine dello stupidario della politica. A Valfabbrica il centrodestra riuscì a vincere nel 1998, dopo un eccezionale 1997 in cui il centrodestra vinse ad Assisi e Nocera, riconfermò Ciaurro a Terni, ed ai ballottaggi di città di Castello e Gubbio si arrivò rispettivamente al 48% e 47,5%. Ma allora il centrodestra aveva un programma ed una strategia tale da condizionare in parte anche la maggioranza di sinistra (Regione leggera), dove la presenza del sottoscritto, allora capogruppo di An in consiglio regionale, di Fiammetta Modena, di Pino Sbrenna e di altri che non cito per motivi di spazio, assicurarono una compattezza alla coalizione forte e visibile. Siccome il sottoscritto, che è una persona normale, non può sopportare che comportamenti politicamente irresponsabili, distruggano quanto pazientemente costruito da altri per la credibilità del centrodestra in Umbria, mi sono deciso ad inviare queste note al Corriere, dopo anni di silenzio, in cui avrei potuto parlare di tante cose incredibili accadute in An. Non le ho volute divulgare per rispetto di tanti bravissimi elettori e quadri di partito, e per una forma di pudore che nasce da una “Weltanschaung” (visione del mondo e della vita) che tutto sommato ancora conservo. Ma tacere in questo momento, questo sì sarebbe irresponsabile. Dal 1997 al 2000 dentro An dell’Umbria c’è stata una vera e propria battaglia politica. Tra chi come me, in primis, sosteneva la strategia di “allargare, il Polo”, visti i numeri politici dell’Umbria, con alleanze verso tutto l’ex “pentapartito’, in un momento in cui molti soggetti di quest’area prestavano attenzione al centrodestra (poiché il Pds-Ds con il 37% dei consensi occupava praticamente il 90% dei posti di potere) e tra chi come Benedetti Valentini, Lignani, Crescimbeni ed altri si misero di traverso senza però offrire nulla di alternativo, se non un generico “tirare a campare”. Ad Assisi, Nocera e Valfabbrica vincemmo proprio attuando questa strategia, il cui cemento tra forze e soggetti provenienti da storie diverse, era la condivisione del programma ed organigrammi tendenti alla visibilità e valorizzazione di tutti i soggetti. Questa contrapposizione di An avveniva proprio all’interno della componente destra sociale, che fa riferimento a livello nazionale a Gianni Alemanno verso cui avevo sempre profuso impegno ed amicizia, organizzando tra l’altro in Umbria, nel 1988 e 1989, due feste nazionali del Fronte della Gioventù di cui Alemanno era segretario Nazionale. Da uomo di sicura fiducia politica di Alemanno mi ritrovai di colpo ad essere quasi un “eretico” della componente, per l’azione congiunta dei sopra citati. Alle regionali del 2000, scatta la vendetta e per 56 preferenze non fui rieletto in consiglio regionale. Invano cercai di convincere Alemanno che questa era l’unica strategia possibile in Umbria, nell’interesse della coalizione, del partito e della componente. Credo che poi lo stesso Alemanno abbia avuto modo di ricredersi, anche se tardi. Infatti, finché il sottoscritto ha avuto un ruolo significativo, la componente di Destra Sociale raccoglieva in Umbria il 65-70% dei consensi congressuali, oggi è data intorno al 30-35%. Passando ai dati di partito, An passa alle politiche del 2001 al 17% rispetto al 19.9% del ’96, perdendo sempre nel 2001 consiglieri comunali ad Assisi, Città di Castello e Gubbio. Nel 2002 perde sonoramente consiglieri comunali a Todi e Deruta. Perde alle europee e provinciali 2004 ed ancora sonoramente alle amministrative: due consiglieri a Perugina, precipita a Terni al 10% (nel ’97 era la 19%), si azzera a Bastia (da 4 consiglieri a zero), affonda a Foligno (8,5%) e Gualdo Tadino (6%), per citare solo i casi più clamorosi. Negli ultimi anni, il personalismo di 5-6 persone che hanno pensato solo alle proprie rielezioni, ha privato An di un altro parlamentare, ha fatto diminuire il numero degli iscritti ed ha ridotto i circoli nati come trade-union tra la società e la politica, ad essere cosa propria di questo o quell’altro esponente: i giochi. ed i giochetti all’interno del partito e della coalizione rappresentano ormai l’attività prevalente. E questa situazione che fa nascere il caso Valfabbrica. E questa situazione insieme a considerazioni di ordine ideale e politico che nel 2003 mi ha indotto a dare le dimissioni da Alleanza Nazionale dopo 36 anni di ininterrotta militanza. La delusione più grande è proprio il presidente Fini, prigioniero dei propri colonnelli, che, di fatto, gestiscono il partito e che hanno impedito il pieno sviluppo delle tesi di Fiuggi. Perché aldilà delle celebrazioni, chi ha letto, studiato e meditato quelle tesi si accorge del sostanziale fallimento del partito. E’ difficile dire cosa sia oggi An, non è un partito di testimonianza come era il Msi, non è una vera e propria destra (…voto agli immigrati…), forse può essere una fotocopia sbiadita di Forza Italia, ma allora meglio l’originale. Almeno un leader vero c’è e che piaccia o non piaccia, è l’unico che abbia la determinazione necessaria (vedi riduzione tasse) per quella modernizzazione che occorre all’Italia per affrontare le sfide presenti e future e che inoltre abbia il coraggio di chiamare uomini, cose e fatti della storia con il proprio nome. E per queste ed altre motivazioni che ho aderito, insieme ad altri a Forza Italia. Ringrazio Forza Italia di Bastia, i vertici regionali e provinciali, Luciano Rossi, Franco Asciutti e la classe dirigente del partito per il calore e l’apprezzamento che mi hanno riservato. Alle telefonate di questi giorni, provenienti soprattutto dal mondo di An e che mi dicono: “Con te probabilmente la soluzione a Valfabbrica si sarebbe trovata”, ho risposto che An è una componente fondamentale ed insostituibile della Casa delle Libertà, ma finché il partito non rimuoverà i vertici umbri rappresenterà un peso anziché un valore.
* Esponente di Forza Italia

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