Rapine in gioielleria Gli investigatori sono risaliti a lui dalle telefonate con gli altri del gruppo già arrestati. L’indagine è ancora in corso
Chiesta la custodia cautelare per un altro brindisino, avrebbe partecipato al colpo di Bastia
Gli arresti Determinanti i filmati e lo squillo di un cellulare

di FRANCESCA BENE

PERUGIA – Il cerchio sui di rapinatori – picchiatori sembra essersi chiuso definitivamente.
A Brindisi è stato rintracciato il quinto componente della banda che, secondo gli investigatori, avrebbe messo a segno due rapine: una a Bastia Umbra e una a Pierantonio. Antonio Di Lena, 23 anni, ritenuto il capo del gruppo, Nicola Battisti, 28 anni, da qualche anno residente a Passignano sul Trasimeno, considerato il “basista” nonché l’autista, Vincenzo Del Zotti, 37 anni anni, tutti di Brindisi, erano stati bloccati dagli agenti della squadra mobile appena prima che entrassero nuovamente in azione. Questa volta a Ellera, ancora una gioielleria. Venerdì il gip Marina De Robertis ha convalidato gli arresti in carcere. Fermo confermato e arresto ai domiciliari per il quarto componente, Eros Rossi, 24 anni. Raggiunto dal provvedimento di custodia cautelare a Vipiteno,dove viveva e lavorava come barista. Andando poi in “trasferta”, sempre secondo le indagini, per i colpi.
Ai quattro se n’è aggiunto un altro, la Procura di Perugia ha chiesto il provvedimento di custodia cautelare per Simon Surano (brindisino anche lui), individuato dagli uomini della squadra mobile, sezione Antirapine, di Perugia, in collaborazione con i colleghi pugliesi.
Determinanti, per “incastrare” i rapinatori le immagini del sistema di videosorveglianza di una gioielleria. Nel filmato si vedono i banditi a volto scoperto, entrare, fingersi clienti e chiedere di poter vedere i gioielli, già visionati il giorno precedente, e poi esplodere in azioni violente. Schiaffi e percosse ai gioiellieri per ottenere il bottino e impedire reazioni da parte loro. E, oltre le immagini, a tradire la banda una telefonata ricevuta mentre era in corso il “sopralluogo” per la rapina di fine marzo: la fidanzata brindisina di uno di loro ha chiamato tre giorni prima del colpo che ha fruttato 250mila euro di preziosi, proprio quando il gruppo era nell’oreficeria di Bastia Umbra.
La chiamata era stata interrotta subito, ma i tre secondi di “contatto” sono stati sufficienti per individuare numeri e celle agganciate, ricostruire il “traffico telefonico” e arrivare a dare un nome e un volto ai banditi picchiatori come boxeur. Anche Surano, che avrebbe partecipato solo alla rapina compiuta a Bastia, è stato individuato dalle telefonate fatte e ricevute.
L’attività di indagine ha permesso di individuare i rapinatori, non sarebbero stati sempre gli stessi a colpire, mentre si accingevano ad allungare la lista delle gioiellerie “svuotate”. Gli investigatori avevano intuito che il gruppo sarebbe potuto entrare in azione in un’area compresa tra Ellera e Magione e stavano monitorando la zona, riuscendo poi a individuare l’auto con a bordo i tre, che ora si trovano rinchiusi nel carcere di Capanne. Per bloccarli, gli investigatori hanno dovuto sparare anche dei colpi in aria a scopo intimidatorio.
I rapinatori sono ritenuti estremamente pericolosi, in relazione soprattutto al modo con il quale raggiungevano l’obiettivo di farsi consegnare i soldi. Botte prima delle parole per farsi dare i gioielli, quasi un marchio di fabbrica che aveva consentito, ben presto, agli investigatori di poter attribuire agli stessi autori le rapine di Bastia e Pierantonio.

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