di VITTORIO FELTRI


La smentita di Berlusconi delle indiscrezioni della Stampa rivela due sentimenti: imbarazzo e irritazione. Imbarazzo perché il progetto è più o meno quello descritto dal quotidiano torinese, per altro già divulgato a spizzichi e bocconi, ma che avrebbe dovuto complessivamente rimanere una chiacchiera riservata fino al momento della realizzazione, onde evitare reazioni scomposte in Forza Italia. Irritazione perché la frase «mi faccio un nuovo partito» è stata origliata dai giornalisti mentre lo stesso Berlusconi, seduto allo stadio San Siro, confidava la cosa all’amico Adriano Galliani. Il nuovo partito, dunque, non è una invenzione del solerte cronista della Stampa; figuriamoci. È un fatto. Anche i sassi sanno che i 5000 e rotti Circoli della libertà organizzati da Michela Vittoria Brambilla su ordine di Silvio non sono luoghi di ricreazione, ma costituiscono lo scheletro di una iniziativa politica importante, finalizzata ad aumentare il consenso per il centrodestra. È inoltre noto che Forza Italia non si sia mai data una struttura solida e stia in piedi soltanto per le capacità di improvvisazione del suo leader. Di qui la necessità di affiancarle un movimento che, anziché dall’alto, parta dal basso e sia in grado di raccogliere l’adesione di gente priva di un tetto. Mi riferisco a uomini e donne orfani del vecchio pentapartito in cerca di uno sbocco e di un futuro. In questo quadro si inserisce anche il desiderio diffuso – di cui Libero ha ampiamente riferito nei giorni scorsi – di rifondare la Dc sul simbolo tradizionale ormai di proprietà del professor Pizza. Tutto ciò, va da sé, crea sconcerto non solo nella sinistra ma anche nello Stato maggiore di Forza Italia che si sente genericamente minacciato nelle sue rendite di posizione. Il nemico numero uno dei colonnelli di Berlusconi è Michela Vittoria Brambilla, giudicata una rompiballe efferatissima in quanto le si attribuisce la responsabilità di aver scombinato i giochi nella Casa delle libertà e di puntare alla segreteria del nuovo soggetto politico. Mi rendo conto che per il lettore sia difficile decifrare il senso di queste manovre. Ma il problema del Cavaliere è di non trascurare gruppi e gruppuscoli abbandonati a se stessi che, se riuniti sotto la stessa bandiera, potrebbero determinare un successo elettorale clamoroso. Per lui si tratta di costruire un edificio parallelo a quello che ha retto fin qui, senza però correre il rischio di sfasciare l’esistente. Ecco perché, mentre cerca di tranquillizzare i dirigenti di Forza Italia (promettendo loro eterno amore e fedeltà), incita madame Brambilla a non desistere. Il momento è delicato. Si dice che se fosse varato il Partito delle libertà, alcuni senatori di Forza Italia per ripicca passerebbero armi e bagagli a sinistra rendendo inamovibile Romano Prodi. Una iattura che terrorizza Berlusconi già abbastanza pressato da Casini e Fini, ovviamente timorosi di essere travolti da un non improbabile incasinamento del centrodestra. Nei prossimi giorni si comprenderà meglio. Inutile dilungarsi in ipotesi azzardate.


LO SCIVOLONE BUONISTA Veltroni critica Libero per il titolo sulla strage di ’ndrangheta a Duisburg. Perché invece
di prendersela con la malavita attacca i giornalisti?


E veniamo all’incidente di Veltroni. Sabato il sindaco di Roma e aspirante condottiero della sinistra si è recato alla comunità di Sant’Egidio per parlare di amore e amenità varie. Nel discorso si è lasciato un po’ andare ed è uscito dal seminato, accennando al titolo di Libero sulla strage di Duisburg di matrice ‘ndranghetosa: “Finché si uccidono fra loro…”. Significato fin troppo chiaro: dato che la criminalità organizzata continua spavaldamente a delinquere, incurante degli inadeguati sforzi dei governi per combatterla, poco male se i banditi delle cosche si eliminano a vicenda. È quello che pensano tutti delle faide, non solo calabresi, ma anche campane e siciliane. I mafiosi impediscono a gran parte del Mezzogiorno di vivere operosamente e onestamente, di svilupparsi e di colmare il divario con il Nord. Ma nessuno finora – né di destra né di sinistra – si è opposto allo strapotere dei banditi. Dovremmo quindi dolerci se talvolta essi si scontrano e si ammazzano in massa? No. Festeggiamo. Veltroni viceversa se ne duole e francamente non comprendiamo perché. Anziché prendersela con la criminalità organizzata – un cancro per la collettività – se la prende con i titoli di Libero, accusandoci di egoismo. Mi sembra quantomeno stravagante. Sarebbe interessante scoprire perché il buonista Walter piange sui cadaveri dei signorini della ‘ndrangheta. Affinità elettive? Escluderei. Simpatia? Non penso. Sentimenti fraterni? Impossibile. E allora? Troveremmo opportuno spiegasse perché alla vitalità di Libero preferisce la vita dei delinquenti. Aspettiamo una risposta pur sapendo che non verrà. Troppo impegnativa.


 



 

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