Bastia

I cattolici perugini: «Si ai Pacs, ma non per gli omosessuali»

Viaggio tra i praticanti, ecco cosa ne pensano a Perugia,
Bastia e Città di Castello


Il Governo Prodi ha promesso una legge per gennaio


PERUGIA – Entro il 31 dicembre il Governo predisporrà un disegno di legge sulle coppie di fatto, indipendentemente dal genere sessuale dei componenti. Quindi anche su quelle omosessuali. L’accordo sottoscritto tra l’Esecutivo e i capigruppo di maggioranza ha inevitabilmente suscitato reazioni a polemiche. Siamo andati fuori dalle chiese umbre, al termine della messa, per conoscere il parere della base cattolica.
C’è parecchia gente alla funzione religiosa delle 10 a Sant’Ercolano, una delle chiese più frequentate la domenica dai perugini anche residenti fuori del centro in quanto ubicata subito a valle della telecamera Z.t.l.
Abbiamo fermato i fedeli all’uscita della messa per chiedere cosa ne pensano dei Pacs.
Anna B. è una simpatica signora settantenne che a Sant’Ercolano viene tutte le domeniche da anni. “L’equiparazione tra conviventi e coppie tradizionali? Nulla da dire se si tratta di rapporti sedimentati nel tempo tra individui di sesso diverso, anche se la scelta di non sposarsi indica una precisa volontà di non voler regolamentare l’unione. Diverso il caso di coppie gay o lesbiche. Ognuno fa quello che vuole, ma non si può volere gli stessi diritti della famiglia quando si agisce contro natura”.
“Non ho problemi per quanto riguarda le coppie gay – interviene Andrea, studente ventiseienne di medicina – però non credo sia giusto creare delle regole come quelle del matrimonio, un’istituzione che dà dei diritti, ma anche dei doveri. Sono perfettamente d’accordo sul fatto che è necessario vengano tutelati aspetti come la successione, il diritto alla pensione di reversibilità, l’assistenza in caso di malattia, ma bisognerebbe farlo sotto una forma giuridica diversa da quella della famiglia”.
“Non sono assolutamente d’accordo – dice Valentina, sopraggiunta da pochi minuti – e trovo che ci sia un errore di fondo. Oggi chiunque sa che in caso di errore ci si può separare o divorziare con grande facilità. Quindi non capisco perché si vogliono creare diritti simili a quelli che marito e moglie hanno reciprocamente fra due persone che per libera scelta decidono semplicemente di convivere. Quanto ai gay e alle lesbiche bisogna tutelarli, ma al di fuori del concetto di famiglia tradizionale, creando una nuova forma di unione riconosciuta dallo stato. Non dimentichiamo che il fine ultimo del matrimonio religioso è la procreazione, un atto precluso alle coppie omosessuali”.
“Sì, sono d’accordo” dice con fare sommesso Walter Leardini all’uscita della chiesa del Gesù a Perugia. L’eventualità che la coppia di conviventi sia omosessuale non cambia il suo parere e afferma “tanto ormai stiamo andando in quella direzione”. “Penso non ci sia niente di male nel riconoscimento delle coppie di fatto perché, alla morte di un convivente, un provvedimento del genere potrebbe tutelare quello che rimane in vita” afferma Francesco Pennacchietti. A lui si unisce Marzia Nurisso: “E’ solo una questione legale, due persone che vivono insieme, anche se si tratta di una relazione omosessuale, hanno diritto a vedersi riconosciuti dei diritti”. Il sacerdote che ha celebrato la messa dell’Immacolata “non ha trattato questo tema nell’omelia – dice Anna Armentani -, ma penso che la religione non c’entri, ognuno è libero di scegliere


IN ALTOTEVERE BENEDIZIONE DELLE CASE NEGATA AI CONVIVENTI


I tifernati hanno accolto come una doccia fredda l’accordo raggiunto tra Unione e Governo sull’equiparazione dei conviventi alle coppie tradizionali, anche se riguarda solo la tassa di successione.
Bocce cucite per la maggior parte degli abitanti dell’Alta Valle del Tevere, mentre i pochi che accettano di dire la loro sono più prodighi di critiche che di elogi.
“Equiparare le coppie di fatto alle famiglie – afferma Silvio C., appena uscito da un edificio di culto – mi sembra davvero eccessivo, anche se da quanto ho capito, servirà solo per aspetti fiscali”.
Opinione simile, è stata espressa anche da Emanuela M., anche lei incontrata subito dopo la fine della messa in centro storico.
“Non credo che possano definirsi famiglie le persone che pur abitando sotto lo stesso tetto, non si sono fatti nessuna promessa, quindi non capisco perché devono avere gli stessi diritti che ho io da sposata”.
Totalmente contrario è un ragazzo, Francesco B., perché pensa che con
quest’intesa si potranno legittimare le coppie omosessuali. “Sono davvero discordante con la decisione presa dal Governo – afferma Francesco – perché d’ora in poi potranno considerarsi una famiglia anche i conviventi gay, per me lontani anni luce dall’idea di nucleo familiare”.
Persone vicine agli ambienti religiosi, che preferiscono mantenere l’anonimato, riferiscono che qualche prelato in Alta Valle del Tevere, durante il periodo delle benedizioni pasquali, non si recherebbe nemmeno nelle case delle persone separate o divorziate che hanno deciso di convivere con un nuovo partner.


A BASTIA SCETTICISMO SUI “DIRITTI” AI GAY


 “Per fare una famiglia ci vogliono un uomo e una donna che si impegnano formalmente a dar vita ad un nuovo nucleo sociale, convivenze e unioni omosessuali sono un’altra cosa”. Ecco, in sintesi, cosa ne pensano i bastioli riguardo alla possibilità di un’equiparazione tra coppie di fatto e coppie unite in matrimonio. “Rispetto per le diversità – dice Giuliana Sepe, maestra elementare e madre di due bambini, intervistata dopo la messa domenicale – non sono contro la convivenza o contro le coppie gay, ma penso che la famiglia sia un’altra cosa. Riguardo alla possibile adozione da parte delle coppie gay, credo che se anche la legge dovesse permetterlo non risulterebbe comunque una cosa facile: ci sono coppie normalissime, con un lavoro stabile, che attendono anni prima di riuscire ad adottare un bambino”.
Dello stesso parere anche i volontari del Comitato per la vita Daniele Chianelli, presenti sul sagrato della chiesa con i banchetti delle stelle di Natale in vendita per aiutare la ricerca contro le leucemie.
Unica voce fuori dal coro è quella di Mario Cosimetti che afferma: “Per me la questione non si pone. Ognuno è libero di vivere come meglio crede”.
Hanno collaborato:
Francesca Bene, Francesca Bon Valsassina, Antioco Fois, Carlo Stocchi

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