Bastia

Gruppo Franchi, «ritorno all’acciaio»

L’impresa, in crisi negli anni ’90, ha avviato un processo di rilancio


LARA PARTENZI


Una grande unione familiare, una forte dedizione e una proiezione verso lo sviluppo futuro dell’azienda sono stati i principali punti di forza che hanno permesso al Gruppo Franchi S.p.a di Bastia Umbra di superare le difficoltà che hanno investito intorno agli anni ’90 il mercato manifatturiero siderurgico, caratterizzato dalla grande competitività dei Paesi stranieri come Germania, Austria e Francia. Ed è proprio grazie a questa tenacia che oggi l’azienda prosegue nel suo cammino di sviluppo attraverso la collaborazione di ben tre delle quattro generazioni che si sono succedute al timone dell’azienda, ed è già pronta la quinta.
“I miei tre figli gemelli, Federico, Filiberto e Francesco si stanno già inserendo in azienda. Vengono seguiti da alcuni tutor in modo da non essere lasciati allo sbaraglio”. A parlare è Odorico Franchi che, insieme al cugino Roberto, allo zio Aldo e al padre Franco Franchi, presidente della società e testa pensante del gruppo, sta portando avanti lo stabilimento aperto alla fine dell’800 e trasferito a Bastia nel lontano 1910: “Erano altri tempi, eravamo a ridosso del primo conflitto mondiale ed abbiamo convertito la produzione da civile a militare, per poi tornare al civile nel 1920”.
Sono trascorsi molti anni, come è cambiato il mercato nel corso del tempo? “E’ cambiato moltissimo. Prima dell’euro l’Italia era tra le prime produttrici siderurgiche a livello europeo, direi addirittura mondiale. Ora è rimasta a zero, ha venduto tutto ai grandi gruppi stranieri e
questo ha causato non pochi problemi”.
Di che natura?
“Tra il 2004, il 2005 e il 2006 il costo della materia prima ha subito uno sbalzo di circa il 120%. Per farle un esempio, le lamiere venivano intorno ai 400 euro a tonnellata, ora ha raggiunto i 900 euro”.
In che modo riuscite a sostenere questo incremento?
“Di certo non possiamo rigirare sui nostri clienti il maggiore prezzo che siamo costretti a pagare. E dobbiamo considerare che il nostro prodotto è la materia prima visto che non abbiamo un prodotto. La nostra è un’azienda manifatturiera e attraverso la materia prima, costituita da lamiere, piani di acciaio, tondi, profilati che acquistiamo dalle acciaierie, costruisce ciò che ci viene commissionato e lo fa con l’acciaio”.
Chi sono i vostri clienti, e quali i prodotti?
“Per lo più ci rivolgiamo al pubblico. Ferrovie dello Stato, Anas e Enel sono i nostri maggiori clienti. Tra i privati possiamo citare Autostrade ma il nostro raggio d’azione può spaziare in qualsiasi ambito. Spesso collaboriamo con le imprese di costruzioni che rastrellano sul mercato i grandi appalti e li suddividono a tra le imprese a seconda dei settori. Volendo fare un elenco approssimativo del nostro pacchetto di prodotti, spaziamo dai ponti ferroviari e autostradali, alla realizzazione dei binari, fino alle strutture metalliche per gli edifici industriali, alle lavorazioni meccaniche pesanti e alle bullonerie per armamenti ferroviari”.
Operate anche all’estero o soltanto in Italia?
“Prevalentemente in Italia, direi per l’80%. Io mi occupo proprio dei rapporti con l’estero dove abbiamo alcuni uffici di rappresentanza, mentre abbiamo deciso di mantenere il comparto produttivo esclusivamente qui, a Bastia”.
Lei ha parlato di una crisi che ha investito l’azienda a partire dal 1990 fino al 2000. Cosa è accaduto?
“Già, sta parlando della crisi più grande che l’azienda ha vissuto nel corso della sua storia, una crisi che comunque siamo riusciti a superare. I motivi? Prima di tutto c’è stata Tangentopoli e, come ben può capire, un’azienda che si rivolge prevalentemente al pubblico non può che essere danneggiata da una situazione come quella. Poi, c’è stato l’assalto del mercato europeo, con Francia, Spagna Olanda e Grecia che sono diventati iper competitivi. A tal proposito dobbiamo sottolineare che la situazione che si vive in Italia è totalmente diversa da quella degli altri paesi europei dove alcuni costi che un’azienda manifatturiera come la Franchi è costretta a sostenere vengono riconosciuti dal cliente, mentre qui non è così”.
Può farci qualche esempio?
“Per la tipologia di lavoro che svolgiamo siamo sottoposti a controlli molto severi, sia per quanto riguarda i materiali sia i prodotti. Ad esempio svolgiamo 4 controlli non distruttivi sulle saldature a cui si sommano altre verifiche di natura distruttiva. Le operazioni vengono effettuate nello stabilimento, abbiamo un laboratorio interno molto qualificato”.
Avete bisogno di certificazioni ufficiali?
“Prima di tutto siamo certificati Uni en Iso 9001, poi abbiamo le varie certificazioni realtive ai diversi processi e settori produttivi. C’è da considerare che nell’insieme tutti queste procedure sono abbastanza costose da sostenere”.
Tornando al mercato, quali sono le problematiche maggiori con cui vi dovete confrontare?
“Oltre al costo della materia prima, sicuramente il fatto che molto spesso gli appalti vengono affidati a prezzi bassissimi ad aziende che
poi si rivelano inadeguate a portare a compimento il lavoro, per mancanza di qualifica e di qualità. In questi casi spesso veniamo chiamati in causa per sostituire il titolare dell’appalto ma siamo costretti a lavorare ai prezzi contrattualizzati che, per di più, vengono presi anche
come base di partenza per le aste successive”.
E le maggiori difficoltà interne?
“Purtroppo per nostra natura non possiamo essere flessibili. Le aziende come la nostra sono pachidermiche, hanno difficoltà a cambiare pelle. Prima di entrare a regime hanno bisogno di tempo e poi è necessario produrre in continuazione visto che non si ha la possibilità di fare magazzino. Mi dica come potremmo mai trovare una struttura dove mettere ponti e ferrovie. E’ evidente che non si possono fare scorte e questo, senza dubbio, ci condiziona”.

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