I CONTATTI
L’imprenditore agganciò il magistrato tramite Gradassi
CINQUE FALDONI DI ACCUSE
Il costruttore intercettato: «Ero stato avvertito e quindi non parlai
di ERIKA PONTINI
— PERUGIA —
«…PURTROPPO questi politici, lo dice uno che ci ha girato in lungo e in largo e li conosco bene e mi hanno accusato di averci…..bene, loro alla fine del salto ti utilizzano sempre, caro mio, che tu dei vantaggi ne otterrai sempre pochi in questa regione…..».
E’ un fiume in piena Leonardo Giombini. Parla e inguaia decine di persone alle quali la magistratura potrebbe chiedere conto di quelle ‘citazioni’ nei colloqui intercettati nella sua auto.
Parla — e non è il solo — e crede di non essere ascoltato. Parla come gli altri coindagati, l’imprenditore Carlo Gradassi (l’unico che si è avvalso della facoltà di non rispondere davanti al giudice perché ‘provato’ dall’arresto) o come il sostituto procuratore generale Vincenzo Maccarone o, ancora come il consigliere di Stato, Lanfranco Balucani.
GIOMBINI racconta i «favori» chiesti: «In Umbria la politica in questi sedici anni sono stato sempre a fianco a….bene ho solo pagato..mica mazzette…ma ‘Leonà c’è la festa di partito ci mandi giù le transenne’…bene, ‘Leonà c’è un capannone per mettere le attrezzature’ bene…‘Leonà compra un capannone (omissis) è un amico mio, invece di 500 fammi un favore mettilo 480 a Foligno è un bravo artigiano’ bene, mi chiama (omissis) ‘Leonà fammi un favore levame altri 50 mila euro ci hai tanto guadagnato nella tua vita…è una brava persona..una persona seria…quello di Bastia fallo lavorà perché ha bisogno’…Solo rotture de coioni».
E’ il 12 dicembre del 2006. Il costruttore è uscito dal carcere da quattro mesi e racconta al suo interlocutore che nelle intercettazioni non «è uscito niente» perché sei mesi prima era stato «avvertito» e quindi «parlava liberamente». Chiamava i politici, gli imprenditori ma non ci parlava di «cose strane».
A GENNAIO iniziano i contatti frenetici per la Cassazione. Ma tra Gradassi, Balucani e Maccarone i rapporti sono precedenti. Il 27 novembre Maccarone chiama Balucani per informarlo che «quel ricorso è stato fissato al 26 febbraio». Il consigliere di Stato lo invita allora per il 16 «ad una cena dello stesso livello di quella del 2». Lo stesso giorno il sostituto procuratore generale si sente con Mario Gradassi e gli conferma la sua presenza (alla cena di caccia ndr.): «l’occasione è troppo importante e non potevo mancare» chiedendo inoltre di «essere ospitato dal pomeriggio, come l’altra volta». Secondo i pm Sergio Sottani e Claudio Cicchella infatti tra le ‘utilità’ ricevute dal magistrato di piazza Cavour c’erano pure i soggiorni presso il Relais San Clemente di Giovanni Simonetti (indagato con l’accusa di aver fatto parte della presunta associazione per delinquere).
IL 3 FEBBRAIO Giombini è in macchina con Carlo Gradassi e stanno andando a Roma per parlare proprio con Vincenzo Maccarone del ricorso avverso il sequestro delle azioni della Giombini costruzioni spa. E dice: «se mi ridaranno parte delle quote… sarei già contento». Gradassi, riferendosi a Maccarone afferma: «questo ce la mette tutta, ce la mette più di tutti». Secondo Giombini è meglio che la persona ‘avvicinata’ «non tratta direttamente la questione». «Sarebbe uno scambio di favori tra giudici».
Gradassi avrebbe anche portato dell’olio da consegnare al magistrato: «adesso con quest’olio che è il top dei top». Ma la presunta corruzione, secondo gli inquirenti, si sarebbe realizzata con il dono di un fucile da caccia, acquistato da Giombini ad Arezzo.
IL PASSAGGIO successivo sarebbe l’avvicinamento del sostituto procuratore generale Santi Consolo (indagato a piede libero) che rappresentò l’accusa all’udienza del 14 febbraio. Ma i pm stanno verificando attraverso i tabulati anche possibili contatti con i membri del collegio.
Intanto è iniziato il conto alla rovescia per il deposito dei ricorsi al tribunale del Riesame e in Cassazione. Nel corso degli interrogatori in carcere gli indagati infatti hanno ammesso i ‘favori’, gli ‘interessamenti’ ma negato con decisione la corruzione e il «comitato di affari».
Gli indagati sono difesi dagli avvocati David Brunelli, Nicola Di Mario, Carlo Orlando, Fernando Mucci, Franco Libori e Francesco Blasi.
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