Il Tribunale amministrativo regionale “boccia” l’ordinanza restrittiva del Comune di Bastia Umbra: non c’è allarme sociale-Respinta la richiesta risarcitoria di 170mila euro fatta da una società di video poker
BASTIA UMBRA – Gioco d’azzardo e consumo di alcol non vengono toccati dalla crisi e anche cercare di regolamentarne i tempi diventa una battaglia persa da parte delle amministrazioni comunali. Come nel caso dell’ordinanza emessa dal Comune di Bastia Umbra e che il Tribunale amministrativo regionale ha giudicato illegittima.
Il Comune di Bastia Umbra, difeso dall’avvocato Mario Rampini, aveva «disciplinato l’orario apertura e chiusura delle sale giochi (sale pubbliche per biliardi o per altri giochi leciti) anche con annesse attività secondarie di somministrazione di alimenti e bevande, fissandone la fascia oraria massima tra le 10 e le 23; disciplinato l’orario di funzionamento degli apparecchi da intrattenimento con vincite in denaro … posti all’interno delle sale giochi o di esercizi commerciali pubblici o nella aree aperte al pubblico ovvero nei circoli privati di associazioni autorizzate … anche se le attività al cui interno si effettuano in un orario più ampio, limitandolo alla fascia oraria fra le 13 e le 23; raccomandato a chiunque eserciti a qualsiasi titolo l’attività di cui all’ordinanza, la stretta osservanza degli obblighi derivanti da specifiche disposizioni di legge, tra cui in particolare la disciplina relativa al contingentamento». Contro tale disposizione hanno fatto ricorso la G.Matica S.r.l., B Plus Giocolegale Ltd e la HBG Connex S.p.A., società difese dagli avvocati Giuseppe Marra, Carmelo Barreca, Tommaso Gualtieri, Geronimo Cardia e Annamaria Pacialeo. Secondo le società ricorrenti il Comune di Bastia Umbra avrebbe commesso una «violazione di legge» in quanti «allo Stato è riservata l’organizzazione e l’esercizio dei giochi» e che «il riferimento ai problemi di “allarme sociale” ed alla presunta esigenza di tutela dei giovani induce a ritenere che il sindaco abbia esercitato i poteri di ufficiale di Governo», ma che tali poteri siano assolvibili solo di fronte ad «un grave ed imminente pericolo per la popolazione (concretantesi in gravi pericoli che minacciano l’incolumità e la sicurezza pubblica), non evitabile con l’utilizzo di rimedi ordinari». Non è lecito ipotizzare che l’utilizzo «dei giochi pubblici leciti, sottratti alla criminalità e resi fruibili in modo regolamentato, possano ingenerare uno stato di allarme sociale a livello locale» e anche «intervenire a modificare gli orari di apertura degli esercizi che eroga-no un servizio pubblico (quale è l’offerta di gioco legale affidata da Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato ai vari concessionari in Italia) solo in caso di emergenza». Secondo i ricorrenti, inoltre, «il divieto di gioco mattutino ed il riferimento alla tutela dei giovani appare anche illogico, in quanto non tiene conto del fatto che il gioco tramite apparecchi da intrattenimento è tassativamente vietato ai minori di anni 18 … Il provvedimento dispone inoltre un divieto assoluto per fasce orarie, esteso a tutto il territorio comunale, senza alcuna predeterminazione di durata, che è invece requisito proprio di ciascun provvedimento eccezionale.
Secondo i giudici amministrativi pur in presenza di un presunto «allarme sociale», non ci si trova di fronte alla «ludopatia» in quanto «tale patologia è collegata al gioco d’azzardo, mentre qui viene in rilievo un gioco lecito, frutto di un bilanciamento di interessi effettuato dal legislatore statale», mentre le giocate sono al massimo di 1 euro. Il provvedimento «è affetto da vizio motivazionale, in quanto, a fronte di una previsione chiara della legge statale, avrebbe dovuto quanto meno essere sorretto da una motivazione intensa e penetrante, idonea a rappresentare una situazione locale particolarmente problematica, enucleativa dei “gravi pericoli”, da prevenire
od eliminare».Su una cosa il Tar ha dato ragione all’amministrazione comunale: «La domanda risarcitoria deve invece essere disattesa, non essendo stato assolto l’onere della prova gravante sulla ricorrente; la stessa si è limitata ad allegare una contrazione del fatturato, per i mesi di novembre e dicembre 2010, di circa 170mila Euro».
di UMBERTO MAIORCA

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