di VITTORIO FELTRI
Pensieri disordinati postferragostani. Ieri i giornali erano ancora pieni di titoli riguardanti la strage di Duisburg, sei giovani dell’esclusivo club ‘ndrangheta ammazzati nel quadro di un infinito tormentone detto faida calabrese. Le redazioni sono appassionate di questi eccidi, ne sono eccitate. La Repubblica – non una gazzetta dell’Aspromonte – vi ha dedicato addirittura otto pagine: cronaca, racconti, testimonianze, interviste, analisi, commenti. Altri quotidiani importanti, idem le tivù, si sono occupati alla grande della vicenda, e personalmente non ho capito perché. Non so esattamente chi fossero le vittime né mi preme saperlo; certa gente faccio volentieri a meno di conoscerla, anche se non escludo che nel mucchio vi fosse una persona perbene. Una è già tanto. Dal mio punto di osservazione il problema è: finché quelli delle cosche si uccidono fra loro, chissenefrega. Anzi, meglio. Dove non arrivano le forze dell’ordine a fare pulizia nella criminalità, è un bene provvedano gli stessi criminali a sterminarsi. Energie e soldi risparmiati. Per quale motivo dovrei turbarmi se i delinquenti – ammesso che lo siano – si eliminano a vicenda in periodici regolamenti di conti? Al massimo posso rammaricarmi del fatto che, per limitarmi all’ultimo episodio, la carneficina sia avvenuta in Germania dove già eravamo abbastanza sputtanati e non sembrava il caso di incrementare la cattiva fama degli italiani. Qui scatta automatica una raccomandazione: signori assassini, se considerate necessario accopparvi in massa, per favore fatelo in casa; dalle nostre parti regna una certa assuefazione allo spargimento di sangue ignobile. Non ha senso andare in trasferta a premere il grilletto, con quel che costano i trasporti oggigiorno. Sparatevi pure se non riuscite a trattenervi, però non danneggiate il Made in Italy già compromesso da una politica interna ed europea suicida, dalla aggressiva concorrenza cinese (basata sulla specialità di avvelenare i bambini mediante giocattoli-schifezze), dallo sviluppo indiano eccetera. Insomma, più che la ‘ndrangheta mi sta a cuore la Patria e spero di non dovermene scusare. Infatti sono consapevole di fare un discorsino politicamente scorretto e forse addirittura urticante agli orecchi sensibili degli intellettuali progressisti sempre pronti a giustificare i malviventi, pescando argomenti nel repertorio frusto della sociologia di largo consumo. Però confido nella comprensione se non nella solidarietà dei lettori, dato che non ne ho mai incontrato uno commosso per la morte di due litiganti mafiosi. Dirò di più. Ogniqualvolta in Campania si scontrano bande di camorristi evento ricorrente – e un paio di essi rimane freddato, il sentimento maggiormente diffuso fra i cittadini viene espresso con parole semplici ed efficaci: due di meno. Non si tratta di cinismo né di disprezzo della vita quanto, piuttosto, di sano realismo e di coscienza civile: poiché nessuno combatte davvero i banditi, è una fortuna si combattano e si annientino l’un l’altro. O bisognerebbe piangere sulla bara di spacciatori di droga, taglieggiatori e omicidi? Sono al corrente della situazione complessa (sotto il profilo socio-economico) del Mezzogiorno, terra ricca di risorse naturali e di bellezze paesaggistiche ma povera di rispetto per lo Stato e le sue leggi; tuttavia non ignoro neppure che c’è Sud e Sud. Mentre Sicilia, Calabria e Campania sono funestate dalla criminalità organizzata, Abruzzo, Molise, parte della Puglia e Basilicata – pur soffrendo di disoccupazione e di depressione economica – si sono salvate dallo sfacelo totale. Merito, immagino, degli abitanti che si sono sottratti alle suggestioni del guadagno disonesto. La società è fatta di uomini e se è guasta qualche responsabilità sarà loro. Presumo. Guardate Napoli. È sepolta dai rifiuti in modo indecente e non c’è verso di applicare un rimedio. È così da anni. Perché? Quelli che se ne intendono affermano senza dubbi che è colpa della camorra, la quale – non ho capito come – specula sugli appalti relativi allo smaltimento del pattume. Se è vero mi spiegate perché dovrei addolorarmi davanti al cadavere di un camorrista ammazzato? Confesso: non solo non mi addoloro; esulto. E mi stupisco non esultino (con me polentone) tutti i napoletani. Ecco perché non abbiamo partecipato al lutto per i sei ‘ndranghetosi stecchiti a Duisburg. Appunto, sei di meno. Ciò non va interpretato come uno sfregio alla Calabria, cui mi legano amicizie inossidabili; è un auspicio che la regione sia mondata dai pidocchi malavitosi e possa rialzare la testa senza vergogna. Se poi i pidocchi si massacrano tra loro, pazienza. L’importante è che spariscano. Non sottilizziamo: muoiano sotto il fuoco di se stessi o dei carabinieri, il risultato è comunque apprezzabile.
Articolo in PDF:
comments (0)
You must be logged in to post a comment.