La coppia avrebbe minacciato di essere in grado di far saltare l’accordo


I due finti mediatori hanno preteso 150 milioni delle vecchie lire


PERUGIA – La Hemmond di Bastia era fallita. Per ottenere in affitto lo stabilimento dal curatore fallimentare, si erano offerti loro, un uomo e donna, come mediatori.
Del resto, dicevano, avevano un accordo con il funzionario. Bastava rivolgersi a loro, pagare una certa somma, e l’affare si sarebbe concluso in maniera felice. Allo stesso modo la coppia, che poteva vantare – dicevano i due – di conoscenze alla Presidenza del Consiglio dei ministri, avrebbe potuto facilmente far saltare l’accordo per l’affitto dell’azienda e ostacolare anche la futura attività e l’eventuale acquisto dell’azienda fallita. Insomma, chi fosse stato interessato, avrebbe dovuto assolutamente passare attraverso di loro e pagare il corrispettivo del servizio elargito.
Un’azione di pressioni e di dichiarazioni false mirate, secondo l’accusa, a truffare un imprenditore a cui l’affare era comunque interessato e per il quale era pronto a investire dei soldi. Centomilioni di vecchie lire quelli versati all’uomo e alla donna dall’investitore, a compenso della mediazione, 25mila euro invece, quelli dati forzatamente dallo stesso per scongiurare il flop delle trattative. L’imprenditore era stato inoltre obbligato, sempre secondo l’accusa, ad assicurare alla coppia anche una percentuale sul fatturato. I fatti risalgono alla fine del 2002 e ai primi mesi del 2003.
Per l’uomo e la donna (difesa dall’avvocato Gigliola Rossi) il pubblico ministero Dario Razzi, titolare dell’inchiesta, ha chiesto il rinvio a giudizio con l’accusa di truffa e millantato credito messo in atto in concorso tra loro, finalizzato a ottenere ingiusto profitto ai danni di un terzo.
Ieri le parti sono tornate nuovamente davanti al giudice per le udienze preliminari, ma l’udienza è stata rinviata per un difetto di notifica.
Nel corso della prossima udienza il giudice potrebbe esprimersi sulla richiesta del pubblico ministero.
L.F.

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