Ciclisti nei guai. Il pm Sottani chiede il rinvio a giudizio per venti persone


di ERIKA PONTINI



— PERUGIA —
IL DADO E’ TRATTO. Gli atleti ‘incastrati’ dall’operazione «Cycling» dei carabinieri del Nas rischiano un processo per aver utilizzato e in parte commerciato sostanze dopanti in gara.
Con loro finiranno davanti ad un giudice anche due atleti-carabinieri di Rimini, una ciclista-donna e professionisti o procacciatori che avrebbero procurato agli sportivi amatoriali le sostanze vietate.
A quasi due anni dal blitz che portò agli arresti del marzo 2005 il pm, Sergio Sottani, ha chiesto il rinvio a giudizio per venti persone tra l’Umbria e l’Emilia Romagna con un lungo elenco di accuse contestate a vario titolo agli imputati.
In undici rischiano anche l’associazione per delinquere oltre alla violazione della legge sul doping mentre a parecchi il pm imputa la ricettazione e l’inosservanza del dettato del ministero della Salute sull’importazione dall’estero (Olanda e Spagna) di alcune specialità farmaceutiche, non vendibili in Italia, tantomeno senza alcuna prescrizione medica, come sarebbe accaduto in questa babele di corse ciclistiche amatoriali.


IL MAGISTRATO ha ritenuto parte offesa la Federazione ciclistica italiana (Comitato regionale umbro) che ora deciderà se costituirsi parte civile all’udienza preliminare fissata al prossimo 6 marzo davanti al giudice Nicla Restivo.
Quel giorno dovranno difendersi davanti al gup anche gli atleti umbri Tiziano Severi Pierini, 35 anni nato a Perugia e residente a Bettona, Andrea Scolastico 28 anni, originario di Foligno ma residente a Rimini, Mario Mariano Panichi, 41 anni e Sergio Terlizzi 38 anni, entrambi di Magione. Richiesta di rinvio a giudizio anche per il farmacista di Bastia Umbra, Giuseppe Costantini di 49 anni e per Sergio Spagliccia di Passignano sul Trasimeno. Gli altri imputati sono perlopiù ciclisti di squadra dilettantistiche del Riminese ma anche proprietari di palestre.
Secondo la versione accusatoria infatti gli imputati avrebbero in pratica cmmercializzato farmaci attraverso canali diversi da farmacie e ospedali, procurato, somministrato o assunto farmaci che non erano giustificati da condizioni patologiche e idonei a modificare le condizioni psicofisiche e biologiche dell’organismo al fine di alterare le prestazioni agonistiche. Alla base della maxi-inchiesta pedinamenti e intercettazioni tra cui la frase più emblematica captata all’epoca dei fatti dai carabinieri: «Sono armati fino ai denti, armiamoci anche noi se no ci superano anche i morti».
Gli imputati sono difesi dagli avvocati Francesco Falcinelli, Nicola Marcinnò, Donatella Donati, Gianmarco Gorietti e Fabio Militoni. 
 

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