Bastia

Direttore di un megastore alla sbarra: due anni di insulti al dipendente disabile

LA STORIA
Lo ha fatto piangere per le umiliazioni davanti ai colleghi. Alla domanda perché lo trattasse male, rispondeva «perché mi hai rotto». E lo prendeva in giro anche sul look: «Ma dove vai co sti capelli?». Tutto in due anni di maltrattamenti e vessazioni, tra insulti e tirate d’orecchio anche davanti ai clienti. È per questo che è sotto processo con l’accusa di stalking un ex direttore della sede di Bastia di una nota catena di bricolage, a cui si contesta una lunga serie di atti persecutori nei confronti di un dipendente disabile. Invalido civile al 46%, tra il 2016 e il 2018, secondo le accuse del sostituto procuratore Giampaolo Mocetti, l’uomo sarebbe stato redarguito con modi considerati vessatori dalla procura che contesta al manager «condotte reiterate, convergenti nell’esprimere ostilità e preordinate a mortificarlo, discriminarlo e ad isolarlo nell’ambiente di lavoro». Episodi che la stessa vittima ha raccontato in aula nel corso del processo davanti al giudice Marco Verola, ricordando anni di rimproveri pure per il taglio di capelli e addirittura di minacce, per i frequenti permessi e le richieste avanzate dal dipendente. Come quando «spesso a causa dello slittamento delle precedenti operazioni non imputabili al (dipendente), ma bensì ai numerosi carichi da smaltire, qualora quest’ultimo effettuava la pausa a ridosso dell’orario concessogli, ovvero qualche minuto dopo, (il direttore) lo riprendeva pesantemente alla presenza di altre persone per non aver rispettato l’orario; atteggiamento questo che non veniva tenuto con altri dipendenti trovatisi in condizione analoghe». Con le differenze di trattamento riservate agli altri colleghi più volte ribadite nel capo di imputazione «ridicolizzandolo e denigrandolo in modo gratuito per ragioni del tutto estranee al rapporto di lavoro». Agli atti del processo anche un messaggio inviato a un collega con l’invito del direttore «a non dargli confidenza, dobbiamo isolarlo, deve impazzire ». Messaggio di cui però, di inoltro in inoltro, non risulta ancora provata l’effettiva paternità. Con l’imputato, difeso dagli avvocati Stefania Farnetani e Francesco Gatti, che invece mira a dimostrare la correttezza del proprio operato, con il suo potere direttivo e disciplinare confuso con i maltrattamenti. Maltrattamenti per cui il dipendente ha, in realtà, denunciato tutti i suoi superiori dal 2014 al 2021, con le contestazioni diventate processo solo per il manager 53enne, dal 2018 trasferito in un’altra sede. La prossima udienza, dopo il rinvio di ieri, è prevista per l’8 maggio, quando verranno ascoltati altri testi della procura, a quasi dieci anni dall’inizio dei fatti.
Egle Priolo

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