Bastia

DI PIETRO PROCESSA LA SINISTRA

di VITTORIO FELTRI


Nella carovana dell’Unione Antonio Di Pietro si distingue se non altro per schiettezza. Per questo forse i compagni lo guardano con diffidenza temendo che, prima o poi, si stanchi di bizantinismi e retorica, e rovesci il tavolo. Non so se giungerà a tanto, ma è probabile abbia cominciato a dare segni di insofferenza. Lo vedi a occhio nudo che frigge e malsopporta le moine dei politici politicanti, quasi tutti impegnati soltanto a sopravvivere. L’ex pm della Procura di Milano si è sbottonato con Gianluigi Paragone in una intervista, pubblicata nelle pagine interne, meritevole di essere letta con attenzione per capire come vanno le cose a sinistra. E come vanno le cose a sinistra? Da cani. Al di là di qualche pannicello caldo e qualche brodino tiepido, il governo Prodi è sprofondato in una situazione di stallo, non riuscendo mai e poi mai a proporre una soluzione condivisa dalla maggioranza. Né potrebbe essere diversamente per un motivo che il fervido Tonino ha colto. La coalizione è imbottita di comunisti e Verdi, che sono della stessa pasta, i quali esercitano sui riformisti un potere di ricatto assolutamente ostativo di qualsiasi iniziativa: o si fa come diciamo noi oppure ce ne andiamo e l’impalcatura prodiana cade. Il premier subisce l’intimidazione per mancanza di alternative che non siano le proprie dimissioni, e il risultato è l’immobilismo. Quando va di lusso i provvedimenti promossi dall’esecutivo hanno le caratteristiche dell’aborto. Morale. Se non cambiano i musicanti, la musica sarà la medesima, senza capo né coda. Quello di Di Pietro è un autentico processo agli alleati incapaci di prendere atto del dramma e di compiere l’unica manovra utile ad uscirne: cacciare i massimalisti ed affrontare il giudizio degli elettori con uno schieramento di partiti più affidabili, non ancorati a vecchie utopie dal sapore rancido; mai dimenticando che in Europa non esiste Paese di consolidata democrazia in cui i marxisti e affini abbiano un ruolo governativo. Negli ultimi giorni la sinistra ha avuto un rilancio grazie alla candidatura di Walter Veltroni a leader del Pd, ma si tratta di una illusoria operazione di superficie che non porterà a nulla. Infatti quand’anche l’attuale sindaco di Roma (personaggio più adatto a uno spot del Mulino Bianco che a Palazzo Chigi) dovesse sostituire l’ammaccato Prodi la sostanza politica non muterebbe di una virgola. Walter come Romano dovrebbe soccombere alle estorsioni dei massimalisti. Pena, la crisi. Con i sorrisi stile Barilla, i “volemose bene”, “allegri che domani sorgerà il sole” non si va oltre gli applausi di incoraggiamento dovuti a chi presidia l’ultima spiaggia. Di tutto questo la Madonna di Mani Pulite è consapevole. Osserva scettico la scena e scuote la testa lasciando intendere di non avere speranze. A questo punto però viene voglia di chiedergli: perché non scendi dal treno destinato a deragliare presto e non regali agli italiani un sospiro di sollievo, di cui ti sarebbero grati? La risposta per ora non c’è. Di Pietro è un ottimo diagnosta, ma non ha idea della cura d’urgenza più idonea. Gliela suggerisce Libero. Serve una terapia d’urto. Buttare giù Prodi e non appoggiare Veltroni. Così si vota e decidono i cittadini a chi tocca menare il torrone.


 

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