Sono accusate di essersi appropriate dei cani di un’amica e di averli venduti senza permesso

BASTIA UMBRA – Cuccioli regalati o venduti. Poco importa, visto che in ogni caso non avrebbe potuto dar via una cosa che non era di loro proprietà. Per questo motivo mamma e figlia hanno ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini con l’accusa di truffa e appropriazione indebita.
Il tutto nasce quando un’amica chiede un aiuto perché il suo cane sta per partorire, ma lei deve assentarsi da Città di Castello. Mamma e figlia sono ben contente di prendere in carico l’animale e si accordano per la vendita di uno dei cuccioli che devono nascere (alla fine saranno 4 i Golden Retriever nati).
Tutto a posto. E invece non è così. Dopo la nascita dei cagnolini e dopo il ritorno della padrona iniziano i problemi. I cuccioli sono spariti, sempre secondo la denuncia e l’accusa, e le due donne non vogliono restituire neanche la cagna Secondo la versione delle due donne, assistite dagli avvocati Giuseppe Caforio e Luigi Egidi, gli accordi non prevedevano alcuna restituzione. I cani, mamma e cuccioli, diventavano di proprietà delle due imputate. La padrona delle bestie, invece, è di tutt’altro avviso e si rivolge alla polizia per denunciare quanto accaduto. Dalla denuncia all’indagine e poi alla richiesta di rinvio a giudizio. Secondo la procura perugina, infatti, le due donne avrebbero disatteso l’accordo stipulato con la proprietaria della cagna. Avrebbero solo dovuto accudire l’animale fino al parto e mettere in vendita solo un cucciolo. Per gli altri avrebbero visto il da farsi una volta tornata la donna.
Le due imputate respingono ogni addebito e dicono di non aver venduto i cuccioli, ma di averli regalati. Una mossa che, però, si sarebbe ritorta contro mamma e figlia. Perché ci sono due elementi che stridono con tali dichiarazioni. Il primo è costituito dagli annunci su internet e sui giornali per la vendita di cuccioli, proprio della razza del cane conteso. E quando la polizia ha sentito le persone che avevano ricevuto i cuccioli in dono hanno, invece, confermato di averli pagati: da 400 a 800 euro.
Tutta la vicenda dovrà adesso passare al vaglio del giudice per l’udienza preliminare.

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