Bastia

Crisi Trilly Confezioni, i lavoratori attaccano la Regione

BASTIA UMBRA Da settembre 2006 non vengono pagati stipendi e Tfr pari ad oltre 500.000 euro


Flavia Pagliochini
Bastia Umbra
“Non siamo stati tutelati da nessuno”. È durissimo l’attacco alle istituzioni cittadine e regionali, ma anche ad Attilio Burchielli, e alla “Manieri”, gruppo finanziano romano che sembrava intenzionato a rilevare l’azienda ma che da marzo sembra essere svanito nel nulla, lanciato ieri mattina dai lavoratori della Trilly Confezioni snc e dal rappresentante della Uil Giorgio Salucci, nel corso di una conferenza stampa tenutasi per fare il punto della situazione dopo l’incontro di marzo. “L’azienda attualmente conta solo 5 dipendenti – ha dichiarato Salucci – e già nel dicembre 2006 ne erano rimasti solamente 30. Le persone che sono andate via hanno trovato lavoro presso altre aziende, tuttavia i loro stipendi e il trattamento di fine rapporto non sono stati pagati a partire dal settembre 2006, raggiungendo la cifra record di oltre 500.000 euro. Abbiamo chiesto un tavolo, mai attivato, alle istituzioni, partendo dal sindaco Francesco Lombardi, passando per l’assessore al lavoro Giuliano Granocchia, fino ad arrivare a Maria Prodi. Il tavolo sarebbe servito a fare il punto della situazione, far si che qualcuno rilevasse l’azienda o attuasse una partnership per salvare la Trilly, un’azienda modello. Qualsiasi altro imprenditore avrebbe chiesto la cassa integrazione straordinaria, invece dopo l’accordo con le organizzazioni sindacali abbiamo scoperto che l’azienda non aveva attivato alcuna domanda, facendo perdere ad un’azienda di eccellenza qualsiasi aspetto che potesse essere economicamente interessante”.
La prima udienza per l’istanza di fallimento si terrà il 26 giungo prossimo, e i lavoratori, assieme ai fornitori e tutte le altre parti interessate, si sono costituiti parte civile. Eppure, denunciano “ci sentiamo impotenti. Se ci fossero stati gli ammortizzatori sociali avremmo aspettato la fine di un’eventuale trattativa, invece nulla. Anzi, al danno si aggiunge la beffa perché l’lnps contesta le nostre dimissioni per giusta causa, l’unica alternativa che avevamo al posto del licenziamento. ln casi come questi la legge prevede forme di garanzia per le aziende fallite, ma nessuno, a cominciare dalle istituzioni, si è attivato”. Incredulità, delusione, sconforto sono questi i sentimenti che accomunano i lavoratori che temono per il proprio futuro. Un futuro ancora incerto anche per l’assenza di una prospettiva e strategia di rilancio del settore produttivo. Un’incertezza che suscita ulteriori considerazioni “se non riusciamo a mantenere i siti di eccellenza produttivi – ha concluso Salucci – a cosa serve crearne altri mentre per quelli in difficoltà nessuno sì muove?”

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