Bastia

Crac Hemmond, cinque gli indagati

L’inchiesta La magistratura ha chiuso le indagini preliminari e si prepara a chiedere i rinvii a giudizio


“Buco” da 24 milioni di euro. Procura e finanza hanno ricostruito la spoliazione


PERUGIA – Le ipotesi dell’accusa sono pesanti: bancarotta fraudolenta, truffa, appropriazione indebita, persino riciclaggio.
I pubblici ministeri Sergio Sottani e Manuela Comodi hanno concluso le indagini sul fallimento della Hemmond, l’azienda tessile di Bastia Umbra e hanno inviato la comunicazione della conclusione delle indagini, a cinque indagati. E ora, superati i tempi tecnici, si apprestano a chiedere il rinvio a giudizio dei cinque che sono assistiti dagli avvocati David Brunelli, Donatella Tesei, Fernando Mucci e Augusto La Morgia.
Gli indagati, in questa fase, hanno la possibilità di mandare memorie, possono farsi interrogare e comunque svolgere indagini difensive, per difendersi scagionarsi, anche se il quadro indiziario -messo insieme dagli uomini della guardia di finanza e dalla procura – sembra essere piuttosto pesante. E’ stato quantificato anche il crac: 24 milioni di euro,la società era stata dichiarata fallita nel giugno del 2002. Secondo l’accusa i beni del magazzino sarebbe stati “distratti” così come i soldi derivanti dalle vendite.
Sarebbero stati distratti, tra l’altro anche personal computer, stampanti e arredamento vario. Una vera e propria spoliazione di una azienda che aveva avuto un momento di grande salute e notorietà e che lavorava anche per griffes di livello nazionale e internazionale.
A lungo per salvare la società, che rappresentava una realtà produttiva importante per il comprensorio di Bastia e di Assisi, si erano tentate strade su strade. Il mondo della politica e dell’amministrazione e quello sindacale avevano cercato in tutto i mondi di trovare un salvagente. Tutto era stato inutile.
Fondata agli inizi degli anni Settanta l’azienda aveva costruito uno stabilimento nell’area industriale di Bastia Umbra e dava lavoro tra dipendenti diretti e “à fàcon” a centinaia di persone. Neanche la delocalizzazione in Romania, col l’abbattimento dei costi della mano d’opera, era servita a nulla. Nei momenti di maggiore gloria a Bastia venivano lavorati anche i capi per Valentino e Yves Saint Laurent.

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