Bastia

Come costruire un’énclave di socialismo reale. Con i soldi pubblici

I SINDACI IN ROSSO



Tratto dal “Manuale di conversazione politica” in vendita a 3 euro con una copia di Libero, proponiamo uno stralcio del capitolo dedicato alla Presidente della Regione Umbria Maria Rita Lorenzetti,







 



Come costruire un’énclave di socialismo reale. Con i soldi pubblici



di Gabriella Mecucci



Quella dell’isola felice è una gigantesca bugia.

L’Umbria è una società bloccata, melmosa, devitalizzata, dirigista e supercontrollata



A capo di questa piramide c’è una signora dal pugno di ferro e dall’eloquio diretto e spesso sboccato: la presidente della Regione Maria Rita Lorenzetti



La situazione è complessivamente difficile, ma la politica della spesa facile continua aldilà delle dichiarazioni di facciata



Bella ma anche virtuosa. Tranquilla ma non noiosa. Efficiente ma non frenetica. Ricca ma senza esagerare. Il mito dell’Umbria felix si consolida in decenni di una narrazione continua e mai contraddetta. Il capolavoro di equilibrio e di qualità della vita è frutto – secondo tale leggenda – del lavoro di una classe dirigente capace, proba e silenziosa: nessun arricchimento facile, spirito di servizio, serietà, guai con la giustizia pochi o niente. Il regno del Pci e dei suoi eredi è stato indisturbato non solo nei fatti, ma anche nelle parole. In pochissimi si sono opposti a questa immagine di maniera: per ottocentomila persone in tutto non merita agitarsi troppo. In fondo l’Umbria conta poco, la maggior parte della popolazione accetta con pazienza e fatalismo la condizione in cui vive, al massimo – come diceva una protagonista di Ecce Bombo –” subisce un po’ di isolamento culturale”, ma questo la rende ancora più rassegnata.

Diciamo la verità, perchè appassionarsi al cambiamento di un luogo siffatto? Tanto vale lasciarlo alla sinistra che qui, ormai da sessant’anni, si balocca con i suoi pantheon pacificisti e populisti. Quella dell’isola felice è però una gigantesca bugia. In realtà, l’Umbria è una società bloccata, melmosa, devitalizzata. E soprattutto è una società dirigista e supercontrollata: un vero regime, costruito giorno dopo giorno, senza colpi di mano; una ragnatela inestricabile e invasiva che imbriglia la società, in cui oltre la metà degli elettori è direttamente o indirettamente influenzata dalla rete del “potere rosso”. Un regime soft, naturalmente, dove si governa sulla base del consenso, acquisito però grazie a un fiume di denaro pubblico, un regime in cui la minoranza non ce la fa a diventare nemmeno opposizione, figurarsi a conquistare la maggioranza. Il risultato è che chi guida la Regione – questa la percezione del cittadino medio – è destinato a farlo per sempre, tanto vale trovare al suo interno qualcuno che sia meno peggio degli altri e investire il voto su di lui. A capo di questa piramide dal 2000 c’è una signora dal pugno di ferro e dall’eloquio diretto e spesso sboccato: la presidente della Regione Maria Rita Lorenzetti. Nelle sue mani c’è una straordinaria concentrazione di potere, frutto della storica fatica del Pci, ma anche di molto altro. Oggi, un pezzetto di quel potere è oggetto di un’inchiesta della magistratura: si tratta delle coop rosse (il presidente Giorgio Raggi ha ricevuto un avviso di garanzia). Quello che più colpisce di questa indagine è il continuo ripetere da parte degli inquirenti che gli inquisiti si muovevano con la totale sicurezza dell’impunità. Non avevano dubbi: l’avrebbero fatta franca sempre e comunque. Di più: erano certi che nessuno si sarebbe mai permesso di ficcare il naso nei loro affari.
In Umbria tutti o quasi sono convinti che nulla cambierà mai. Pensano che resteranno “rossi per sempre”. E “i padroni del vapore” politico sono così poco abituati alla critica da scandalizzarsi appena ne ricevono una. Di recente alcuni grandi quotidiani si sono permessi di scrivere che l’Umbria è una regione spenta, una società priva di vitalità provocando le ire scomposte del centrosinistra. Lorenzetti & company non si sono infatti limitati a replicare contrapponendo argomento ad argomento. Nossignore, a quelle latitudini la critica è lesa maestà. E così è intervenuto il Consiglio regionale con un ordine del giorno in cui si sostiene che il cuore verde d’Italia è stata oggetto di “un attacco inammissibile”, teso ad “infangare l’immagine di una comunità seria e laboriosa”. E siccome ormai è caduto anche ogni senso del pudore e del ridicolo, la maggioranza ha chiesto» di votare quel documento anche alla minoranza. Pure loro dovevano sparare a zero contro il Corriere della Sera, il Giornale e Libero, rei di non valutare appieno il buongoverno lorenzettiano. Per fortuna, almeno questa volta, la Cdl non ha abboccato.

Un regime, dunque, che nasce dal voto popolare, ma che mal sopporta i controlli della stampa o di altri soggetti, magistratura compresa. Ecco come lo ha definito Ernesto Galli della Loggia: “In Umbria il sistema politico è caratterizzato dalla mancanza fisiologica di ricambio. Il controllo massiccio delle risorse da parte della classe politica ha fatto sì che per la sinistra voti anche il dieci per cento di un elettorato tendenzialmente strategico e di tipo moderato… Il regime è così in grado di autoalimentarsi all’infinito creando via via un controllo capillare del voto fondato sullo scambio”.

Un’operazione molto costosa. Si dice che l’Umbria ha uno “sbilancio” di oltre duemila miliardi di vecchie lire: tale è infatti la differenza fra la spesa pubblica complessiva e le entrate fiscali. Questo fiume di danaro mancante arriva ogni anno dalle casse dello Stato. Se dall’oggi al domani si facesse il federalismo fiscale i cittadini vedrebbero dimezzarsi i servizi dello stato sociale. Alcuni studiosi vicini al centrosinistra sostengono che i duemila miliardi di sbilancio sono una cifra esagerata. ma persino loro ammettono che la spesa per abitante della pubblica amministrazione è del 9-10 per cento più alta della media nazionale. Per correggere l’allarmante differenza la presidente Lorenzetti promise di tagliare le spese e di aumentare il Pil regionale. La prima cosa non è avvenuta, la seconda nemmeno, fatta eccezione per il prodotto interno lordo del 2004. Solo in quei 12 mesi la crescita è stata del 2,8 per cento, sensibilmente superiore alla media nazionale: per il resto, fra il 2001 e il 2005, è andata sempre male, con indici peggiori della media nazionale. Quanto alla classifica delle regioni del Centronord, l’Umbria continua ad essere il fanalino di coda. L’andamento del Pil – secondo i dati Bankitalia – è stato il seguente: nel 2001 c’è stato un più 1,4, nel 2002 un meno 0,5, nel 2003 un più 0,2 e nel 2004 – come si diceva – un più 2,8. Via Nazionale non ha ancora reso noti il risultato del 2005, ma dalle prime anticipazioni è certo che oscillerà fra un meno 0,3 e un meno 0,8. E, a guardar bene all’interno di queste percentuali, si scopre che l’industria è pesantemente penalizzata, fatta eccezione per quella delle costruzioni: bene o benissimo vanno solo i palazzinari e i cementieri.

Insomma, la situazione è complessivamente difficile, ma la politica della spesa facile continua aldilà delle dichiarazioni di facciata. Il denaro, erogato dalla mano pubblica, naviga nella ragnatela di organizazioni economiche, assistenziali, cooperative, culturali, del tempo libero e costituisce la fonte più potente del consenso elettorale. Da cosa è composto un sistema tanto capillare di potere? Come si è arrivati a costruire una macchina così ben oliata? Le risposte sono molte e per darle occorre anche fare qualche incursione nella storia di mezzo secolo di governo delle sinistre.



 



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