Indagini intensificate dopo i recenti episodi, i titolari degli esercizi commerciali chiedono maggiori controlli

Passaparola tra i negozianti: attenzione a clienti sospetti e caparre “civetta”


Rapine L’emergenza
L’ipotesi Dietro le rapine di Mantignana e Bastia ci potrebbe essere la stessa mano
L’allerta Gli esercenti: sospetti su alcuni pagamenti effettuati con assegni


di LUCA FIORUCCI


PERUGIA – Controlli a tappeto su tutto la regione e rafforzamento dell’attività investigativa. Le forze dell’ordine del territorio regionale stanno tessendo una rete per incrementare le attività di intelligence, volte ad identificare gli autori dei colpi alle gioiellerie messi a segno in questi giorni.
Dopo le due rapine che, a distanza di pochissimi giorni, hanno interessato la gioielleria “Brunori” di Mantignana – martedì della scorsa settimana – e, venerdì, la gioielleria “La Clessidra” in via Roma a Bastia, l’ennesimo colpo messo a punto all’alba di sabato. Questa volta un furto con scasso ai danni della storica gioielleria “Marchetti” di Foligno. Un nuovo episodio (si veda articolo sotto) che ha fatto salire il livello di allerta di carabinieri e polizia che, anche attraverso la visione delle immagini registrate dalle telecamere a circuito chiuso installate nei punti vendita, stanno cercando di identificare gli autori dei colpi. Verifiche anche per appurare se ci possa essere una stessa mano dietro ai colpi. In particolare alle rapine messe a segno a Mantignana e Bastia. Azioni criminali che presenterebbero analogie. In entrambi i casi, a quanto si è potuto appurare, i malviventi nei giorni prima sono entrati nelle gioiellerie fingendosi clienti norma-li, simulando anche degli acquisti da saldare poi successivamente. Come clienti si sono fatti poi aprire le porte dai titolari degli esercizi commerciali al momento di entrare in azione.
L’ipotesi del collegamento dei recenti colpi ai danni delle gioiellerie sembra essere rafforzata anche dal fatto che le due rapine di Mantignana e di Bastia Umbra, abbiano un altro particolare in comune: in entrambi i casi i malviventi hanno legato i titolari prima di procedere alla razzia di oro, oggetti preziosi, ma anche argenteria, orologi nel primo caso, e al prelevamento di parte degli oggetti della cassaforte nell’altro. Ancora. Sembra che in entrambi i casi i rapinatori avessero una cadenza dialettale tipica del Sud Italia, seppur camuffata.
Diverso, però, il modo di agire. Nel caso di Mantignana i rapinatori, che erano quattro mentre a Bastia i testimoni riferiscono di due, hanno immobilizzato i commercianti in modo “indolore”, mentre nell’altro colpo sono passati subito alle maniere forti. Rapinatori professionisti, si pensa, forse gli ormai classici pendolari del crimine che, da altre regioni, si spostano in Umbria per fare più rapine possibili prima di scomparire.
Gli stessi autori quindi? Un’ipotesi investigativa che le forze dell’ordine starebbero vagliando.
Un’ipotesi, quest’ultima, che circola, però, ampiamente tra gli stessi gioiellieri umbri che, temendo un collegamento tra gli episodi che hanno coinvolto i tre negozi (come detto di Mantignana, Bastia e Foligno) il fatto che le attività orafe siano al centro di un piano più complesso messo a punto da uno stesso gruppo di malviventi, hanno chiesto alle forze dell’ordine di intensificare ulteriormente i controlli.
Gli episodi accaduti in questi giorni hanno infatti fatto scattare uno scambio massiccio di informazioni tra gli operatori del settore già in allerta in seguito alla coincidenza di comportamenti ritenuti sospetti da parte di altrettanti sospetti clienti che si sono verificati, in modo più o meno analogo, in diversi punti vendita del territorio, da Perugia a Foligno fino a Spoleto.
Dubbi su cui pesa anche l’ipotesi di un giro di assegni falsi.
Attraverso lo scambio di in-formazioni infatti, alcuni commercianti sono riusciti a ricollegare il fatto che alcuni soggetti dall’atteggiamento ambiguo, recentemente, hanno fatto visita in più negozi del territorio. Clienti apparentemente normali.
Nella maggior parte dei casi, dopo aver scelto l’oggetto da acquistare, hanno quindi richiesto di effettuare il pagamento con assegno. Di fronte al rifiuto manifestato dai commercianti, che si sono comunque detti disponibili ad accettare altre forme di pagamento come carte di credito e bancomat, i clienti hanno rinunciato all’acquisto, oppure hanno lasciato una caparra di pochi euro affermando che sarebbero tornati per saldare il conto e ritirare la merce scelta.
Il titolare di un negozio di Spoleto che ha, invece, accettato un assegno dopo aver effettuato la fotocopia del documento di identità in cui la foto corrispondeva alla persona titolare, ha poi scoperto che il documento stesso era falso.
Come detto le visite sospette hanno interessato nella stessa modalità diversi gioiellieri umbri, generando in loro sospetti.
E’ pressochè normale infatti -e gli addetti ai lavori ne sono consapevoli – che i malviventi prima di effettuare un colpo entrino almeno una volta nel negozio preso di mira o lo osservino da fuori per scoprirne il funzionamento e rendersi conto degli spazi, predisponendo una sorta di piano. Cosa che peraltro è accaduta anche nel caso della rapina alla gioielleria di Bastia Umbra in cui il titolare Luca Cassiani è stato malmenato e sequestrato da due uomini vestiti elegantemente. Uno dei quali (come detto) era entrato nel negozio anche il giorno precedente alla rapina. Lo ha confermato lo stesso titolare.
Questo elemento rafforza l’ipotesi che all’origine dei colpi alle gioiellerie ci sia un unico gruppo malavitoso ed ha messo in guardia gli stessi gioiellieri che hanno riconosciuto nei clienti sospetti un accento del sud Italia.

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