di VITTORIO FELTRI
Spiati 128 volte i conti bancari di Prodi e moglie. Non si fa, però il Professore impari…
Occorre ricordare una cosa sia pur scontata per i lettori di Libero: non ho, non abbiamo alcuna simpatia per Romano Prodi, ma questa volta tocca difenderlo. Anzi, più che difendere lui, difendiamo il principio che i cittadini italiani non vanno spiati per alcun motivo, se non su ordine della magistratura qualora abbia avviato un’indagine nel sospetto sia stato commesso un reato. Riassumo la notizia, precisando che i dettagli sono pubblicati nelle pagine interne. Il premier e sua moglie Flavia Franzoni sono stati illecitamente tenuti sotto osservazione – tributaria – due anni. Qualcuno ha ficcato il naso nei loro conti 128 volte alla ricerca, si presume, di eventuali irregolarità, peraltro non rilevate con grande scorno di chi sperava di rintracciarne allo scopo di far scoppiare uno scandalo e di infangare la reputazione del Professore e consorte. Stupisce che ad accorgersi delle trame sia stato il Ministero delle Finanze, il quale poi ha girato le prove dell’intrusione alla Procura di Milano, che ha aperto un’inchiesta. Probabilmente i funzionari del Ministero hanno ricevuto una soffiata, sono andati a verificare e hanno avuto conferma delle ispezioni illegali. Gli spioni (sono indagate parecchie persone, funzionari ministeriali e guardie di Finanza) non si sono limitati a fare le pulci a Prodi; già che erano in ballo, hanno setacciato anche la situazione finanziaria e fiscale di uomini e donne dello spettacolo e dello sport, gente di spicco. Il che dimostra, se ce n’era bisogno, quanto sia consolidata la cattiva abitudine di guardare dal buco della serratura in barba alla legge sulla privacy. Abitudine che però rischia di essere addirittura riconosciuta come attività regolare proprio a causa di una serie di provvedimenti voluti dal presidente del Consiglio, dal ministro Padoa-Schioppa e dal suo vice Visco. Si dà infatti il caso che sia saltato il segreto bancario nel quadro della cosiddetta lotta all’evasione. Intendiamoci, identificare gli evasori e costringerli a pagare le tasse è buona cosa. Attenzione però ai sistemi adottati per stanarli; sistemi che non devono violare col benestare della legge il sacrosanto diritto alla riservatezza dei nostri connazionali. Invece, se abbiamo studiato bene la pratica, tutti noi saremo soggetti a controlli spietati non solo riguardo al presente o al recente passato, ma anche al passato remoto. In altri termini, il trattamento cui è stato sottoposto Romano Prodi, il quale giustamente si sente ora vittima di un sopruso, sarà considerato normale se saremo noi a subirlo da parte degli addetti alla Agenzia delle entrate. E questo è assurdo. Se il Grande fratello spione non piace al capo del Governo, non capisco perché dovrebbe piacere agli italiani solo perché contemplato nei codici. Se da un canto desideriamo sia resa giustizia al premier (e a tutti quelli che come lui sono stati posti sotto la lente di ingrandimento), dall’altro pretendiamo lo stesso rispetto che lui pretende per i propri affari personali. Ultima considerazione. Sembra strana la coincidenza: la notizia delle spiate a Prodi è di ieri; e ieri sono cominciate le votazioni sui decreti attuativi della Finanziaria. Cosa significa? Nulla. Però tutto ciò non è rassicurante.
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