Bastia

«Chiudere a Bastia è una necessità»

Parla Mencolini, cda di ‘Mignini-Petrini’ 

— BASTIA —
«SONO IO A ESSERE sorpreso dalle reazioni di sindaco ed istituzioni alle nostre decisioni». E’ Antonio Mencolini, consigliere d’amministrazione della Mignini-Petrini, a spiegare le scelte della società guidata da Marino Mignini che prevede esuberi, la chiusura del mangimificio Petrini, insieme ad altri stabilimenti a Padova e Bari. «Il nostro è un intervento avviato da tempo e determinato, oltre che dalla nostra volontà, dalle condizioni del mercato agro-zootecnico col quale dobbiamo confrontarci ogni giorno. Il Bilancio 2007 con sei milioni di quintali prodotti ha chiuso senza guadagni. Dovendo migliorare la competitività l’avevamo annunciato a sindacati e Comune di Bastia già un anno fa e oggi l’abbiano reso concreto. La chiusura del mangimificio di Bastia è una necessità per un gruppo industriale che non può mantenere, per esigenze economiche e funzionali, due siti nell’area di pochi chilometri. La scelta di trasferire la produzione nello stabilimento di Petrignano è determinata dal fatto che il mangimificio di Bastia è nel centro urbano della città, gravato da problemi di inquinamento acustico e ambientale, e da difficoltà del traffico urbano”. Mencolini è un fiume in piena che vuole spiegare con argomenti solidi le scelte imprenditoriali. Ha titolo a farlo non solo per il suo ruolo di oggi, ma per l’esperienza maturata in 43 anni di attività (direttore generale della ‘Ponte’ di Ponte San Giovanni, poi nel management Mignini fino al 2001 e da allora in pensione ha assunto l’attuale ruolo di consigliere nel polo mangimistico di Mignini). «Il processo di razionalizzazione già iniziato – spiega – impiegherà due anni per essere portato a termine. A livello nazionale manterremo un mangimificio a Nord e uno a Sud. Il mangimificio Petrini cesserà l’attività alla fine del 2009. Non cesserrano invece i marchi, perché continueremo a produrre mangime Petrini. Nel frattempo intendiamo gestire la ristrutturazione aziendale con un corretto rapporto con il personale. Dei trenta esuberi previsti in Umbria, 20 sono operai anche di Petrignano, 4 gli impiegati e gli altri appartengono alla rete commerciale». Il sospetto è che abbiate accelerato la ristrutturazione per favorire la ‘fase urbanistica’, vale a dire la trasformazione dell’area industriale Petrini per beneficiare del valore aggiunto. «Un’ipotesi non praticabile, perché – spiega Mencolini – nella medesima area rimarrà operativo il Molino, gestito da una società diversa dalla nostra». La razionalizzazione, però, è vissuta in modo traumatico dai lavoratori che si sentono trattati come pedine. «La nostra volontà – conclude Mencolini – è quella di usare tutti gli ammortizzatori sociali per aiutare i nostri collaboratori. Per questo abbiamo fissato un incontro con i sindacati, il 13 e 14 novembre, per entrare nel dettaglio della gestione degli esuberi».
Massimo Stangoni

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