Bastia

Bettona: “Hanno avvelenato pozzi e terreni”

Bettona Amministratori, allevatori e tecnici Arpa nei guai per reati ambientali e abuso d’ufficio – La Procura chiude le indagini sul depuratore: 26 indagati

BETTONA – Il sindaco Lamberto Marcantonini, pochi mesi dopo il suo insediamento, aveva detto “la questione ambientale è un problema che attanaglia da 30 anni il territorio di Bettona”. Mai frase fu più profetica.
Il sostituto procuratore Manuela Comodi (nella foto) ha inviato 26 avvisi di conclusione delle indagini sulla gestione del depuratore di Bettona per lo smaltimento dei reflui zootecnici. Nelle ultime ore la notifica è arrivata a diversi allevatori della cooperativa Codep (gestore dell’impianto), in sostanza soci e componenti del Cda dal 2000 in avanti, responsabili, secondo l’accusa, di aver eluso regole e autorizzazioni per il corretto smaltimento dei reflui suinicoli ed aver provocato un disastro ambientale. Indagati con loro, a muovere le pedine di quella che per la procura è una vera e propria associazione per delinquere, anche alcuni esponenti dell’attuale e della precedente giunta di Bettona, rei, secondo l’accusa, di aver chiuso un occhio su un sistema che poteva far comodo a tutti visto che da quelle parti l’economia si fonda essenzialmente sugli allevamenti. Nei guai infine, anche i responsabili di zona dell’Arpa che dovevano controllare la regolarità dei processi di smaltimento e che, di occhi, ne avrebbero chiusi parecchi.
Restano insomma confermati gli undici arresti in quell’assolato 29 luglio di neanche undici mesi fa, quando il capitano del nucleo ecologico dei carabinieri, Giuseppe Schienalunga e il sostituto Comodi rovinarono le vacanze a diverse persone. Ma si raddoppia il numero degli indagati anche se, con buona pace di qualcuno, si è ben lontani da quel “fascicolo nero” del capitano Schienalunga che parlava di un centinaio di possibili coinvolti con un corredo di carte e resoconti dettagliati. Tra i reati è contestato, questa però la novità, anche l’abuso d’ufficio e il falso. Le difese, tra loro gli avvocati Bacchi, Falcinelli, Brunelli, Libori, Minelli, Biscotti e Gentile naturalmente sono già al lavoro, tutti gli interessati si dichiarano estranei ad ogni accusa, tirando in ballo spesso la legge regionale 456 che distingue tra reflui e rifiuti recentemente dichiarata illegittima dal ministero dell’ambiente. L’inchiesta Comunque andrà a finire, si tratta di una delle maggiori inchiesta per reati ambientali della regione. E i reati ipotizzati non sono da meno.
“Una annosa e collaudata attività criminosa”, si legge nell’ordinanza dello scorso luglio, “in totale dispregio di qualsiasi norma nell’ottica del profitto economico a scapito anche della salute pubblica”. L’indagine “Laguna de Cerdos” nasce dall’esposto dell’ex sindaco di Bettona Stefano Frascarelli del 2006 e di altri che volevano portare alla luce un “sistema”. In tre anni ha posto in luce, scrive il pm Comodi, una imponente attività di smaltimento illecito di rifiuti industriali di origine zootecnica, “un sistema ben consolidato e fortemente collaudato negli anni individuando l’intero ciclo dal momento della produzione dei rifiuti fino alla loro abusiva utilizzazione finale sui terreni, il tutto pilotato con perizia dal sodalizio attraverso un’efficientissima rete costituita da aziende produttrici dei rifiuti, un impianto comunale di depurazione, automezzi messi abusivamente a disposizione per i trasporti e connivenze di pubblici ufficiali”. Enormi quantitativi di rifiuti sono stati così “smaltiti mediante spandimento su limitatissime superfici di terreno (300 ettari invece dei 3mila necessari per legge) per fittizie attività agronomiche (e senza autorizzazione) realizzando delle vere e proprie discariche abusive ed arrecando un enorme e non definibile danno all’ambiente e alla salute”. Danno che ha comportato l’avvelenamento di acque destinate all’alimentazione umana – pozzi privati inquinati irreparabilmente – e un vero e proprio disastro ambientale su una vasta area dovuto all’elevata concentrazione di azoto contenuto nei rifiuti.

“La Codep era il vero baricentro dell’intera movimentazione illecita – sostiene la Procura – e soggetto economico attraverso cui sono state svolte operazioni economiche e contabili di minore trasparenza e regolarità”. I rifiuti liquidi dopo lo stoccaggio in autonome vasche venivano inviati tramite conduttura al trattamento al depuratore. Analogamente per le sostanze derivanti dal trattamento che venivano stoccate in vasche e nella laguna “per il successivo spandimento in irrisorie superfici di terreno”. “Il tutto senza controllo – spiega l’ordinanza – anzi con la documentata e costante complicità della amministrazione pubblica”. “Con la complicità di alcuni responsabili locali dell’Arpa che anziché controllare, hanno favorito l’illecito”. L’organizzazione messa in piedi dalla Codep istituita nel ’93 da allevatori di Bettona e Bastia coinvolti nell’indagine, permetteva così l’abbattimento dei costi di smaltimento e la stessa continuità nello smaltimento. Ma la gestione era finalizzata: dal trattamento dei liquami veniva infatti estratto il biogas per la produzione di energia elettrica ceduta al gestore nazionale con notevoli guadagni. Da un lato il conferimento all’impianto di reflui e acque di vegetazione avveniva a titolo oneroso, dall’altro la produzione di energia elettrica rimpolpava i bilanci della Codep che riportano cifre fino a 2 milioni di euro.

Patrizia Antolini

CORR_PG_003-2010-06-13

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