Bastia

Bastia, un futuro dietro le spalle

di LUCA BENEDETTI


Bastia



IL BIVIO è alla prossima curva, si chiama elezioni amministrative e chissà cosa succederà. La roccaforte rossa ha iniziato a scricchiolare, almeno leggendo i numeri delle ultime elezioni politiche. Certo, un conto è votare per il sindaco e un conto per deputati e senatori, ma l’aria di battaglia che si respira sembra proprio da resa dei conti. «Attenti – ammonisce Luigino Ciotti, ex assessore Comunista – qui il discorso è un altro. Qui l’economia ha sempre riconosciuto la politica: “mi fai crescere e ti voto”, l’intreccio è diretto e la sfasatura tra voto politico e comunale c’è per quel motivo».
La resa dei conti è soprattutto nel Partito Democratico. I più attenti, Bastia l’hanno bollata come laboratorio, innanzitutto delle liti. Stamattina il Pdl presenta il candidato sindaco, Stefano Ansideri, chissà chi sfiderà. Sicuramente Rosella Aristei (lista civica) che cinque anni fa ha rischiato di mandare Lombardi al ballottaggio.
«Bastia? Ah, non è certo più la “grassa”. Piuttosto mi sembra sbrindellata e ansiosa». La battuta la infila don Francesco Fongo, da una vita parroco, non tanto don Camillo nella città dei Peppone che inanella generazioni di potere rosso. Don Francesco parla dopo la messa della sera, non è una predica, ma un’analisi fatta dalla chiesa che, con il Comune, si divide la piazza. Insomma, punto di osservazione privilegiato, altra sponda dello stesso fiume. «Ormai sono dieci anni che i segnali sono evidenti. Anche se gli equilibri e l’onda lunga del grande sviluppo hanno tenuto. Così le crepe si vedono soltanto oggi. Abbiamo vissuto un’era felice. Non è più così, si è planato sempre più in basso. Sul piano amministrativo, intendo». Una scudisciata fredda come l’aria che scende dal Subasio innevato. Ancora don Fongo: «Lo vediamo con la Caritas quello che è cambiato. Quest’anno il pacco dono sarà per i bastioli, niente iniziative per l’Africa. Anche gli italiani, sempre più italiani chiedono aiuto perché non sono in difficoltà solo gli stranieri. Raccoglieremo fondi tra la gente perché non è mica più come qualche anno fa quando il pacco per i poveri potevano riempirlo le imprese locali».
Già, c’è la crisi. E la battaglia per il Comune si innesta in un momento non facile. «Lavorare da Petrini era meglio che avere un posto in banca». La battuta la ricorda Luigino Ciotti. Adesso c’è la Mignini che taglia, i sindacati in piazza e le istituzioni mobilitate. «Ma ci sono anche trecento appartamenti sfitti o invenduti», fa di conto Ciotti. Forse la bolla dell’edilizia è scoppiata. O, molto più semplicemente, si è costruito troppo. E la partita è ancora tutta aperta, tra varianti al Prg, Comitati, lunghi coltelli, si dice, baciati dalla fortuna del mattone e progetti che pesano sul futuro. E anche con qualche domanda su chi è arrivato e ha investito da fuori: facce per coprire soldi di altri?
L’elenco di quello che sta sul tappeto è lungo così, soprattutto è pieno di cubature e metri quadri per aggiungere destinazioni commerciali a quella che è ancora la città mercato. «Abbiamo fatto un conto – spiega Antonio Serlupini, presidente di Confesercenti – ci sarebbe, in base ai progetti di recupero presentati, una richiesta di spazi commerciali per altri 60mila metri quadrati. Che ci facciamo? E’ possibile ragionare su questi numeri? Per noi no. E’ vero, abbiamo approvato il piano per le medie strutture per il centro storico, ma adesso basta».
Allora ritorna la geografia delle aree dismesse o da dismettere che sono sul piatto da anni: dalla Franchi all’ex Deltafina, fino ai nuovi lotti a Ospedalicchio. Ok, andrà là la Torninova, aprirà la Leroy Merlin, il gigante per la casa e l’hobbistica. I commercianti hanno paura, il Comune, invece, sorride. «Attenti – dice il sindaco Francesco Lombardi (Pd), un passato in Cna – quella è un’occasione, un’opportunità che permette di intercettare un target diverso da quello tradizionale. E soprattutto farà occupazione: degli ottanta addetti previsti molti saranno con profili professionali elevati, anche laureati». Lombardi non si ricandida, ma non si sente in panchina. A febbraio metterà in piedi una conferenza sulla città «per capire come è cambiata».
E’ molto cambiata: in pochi anni duemila residenti in più, è stata sfondata quota 21mila, tanti arrivano dal sud. Non sembri un paradosso, ma tutti ti raccontano che l’integrazione è più facile con gli stranieri. Nella città con un reddito pro-capite che sfiora i 18 mila euro (dati del 2005), la spesa che il Comune investe sul sociale è di 2 milioni di euro all’anno. Come dire, i bastioli doc o quelli che lo sono diventati, magari aprendo l’impresa edile per la ricostruzione post-terremoto, se la passano molto meglio delle statistiche.
«Attenti però a fare i conti – avverte Filippo Ciavaglia, segretario della Camera del Lavoro comprensoriale di Foligno e Spoleto – perché ci sono imprenditori “ricchi” che guidano imprese sottocapitalizzate. E questo può essere il problema di una realtà come questa. Si fanno i conti con il fallimento Hemmond, il caso Mignini, la Isa che frena sulla stabilizzazione dei contrattisti. Bastia ha un tessuto di micro imprese abituate a lavorare con gli scoperti in banca. Ora non è più possibile. Le banche chiedono di rientrare. Chi ce la farà lo scopriremo col nuovo anno. Va bene il recupero delle aree dismesse, penso alla Franchi, ma, per noi Bastia deve giocare il ruolo di cerniera tra il Perugino e la Valle Umbra Sud».
Torna in mente quello che dice Lombardi: sono le realtà nascoste che quando chiudono fanno male. L’ultima è una piccola fabbrica tessile (20 addetti) di cui tutti ignorano il nome ma che ti dicono che non c’è più. Allora, quale domani, preferenze a parte? Ancora Lombardi sulla porta del Comune, dall’alto dell’addio dopo cinque anni sulle montagne russe: «Serve un processo profondo di rinnovamento. L’opinione pubblica è stanca delle liturgie celebrate dalle solite facce. Qui è forte la dimensione sociale e quella economica, ma serve uno scatto».
Le parole sono quasi le stesse che spiegano il pensiero di chi Lombardi l’ha preceduto e la grande crescita economica e urbanistica l’ha vista da vicino, salendoci sopra. «Il progetto urbanistico – dice Lazzaro Bogliari, potente presidente di Umbria Fiere Spa – è definito, bisogna stare attenti al controllo delle aree industriali dismesse. La vera svolta è dare una riposta alle imprese esistenti e trovare soluzioni per attrarne di più qualificate. Non si può pensare solo al commercio. E poi è ora di rafforzare i legami con Assisi».
Vannio Brozzi, sindaco per dieci anni e ora amministratore di Fcu, la vede così: «Il commercio? Va ripensato perché ce n’è di eccessivo. Piuttosto va consolidato lo sviluppo della piccola e media impresa che ha punte d’eccellenza. Ma prima va preso atto del clima di oggettiva difficoltà che investe il rapporto tra il Comune e la città. Con Lombardi si chiude un ciclo di persone che, dagli anni ’70, sono stati classe dirigente. Non sembra che gli attuali dirigenti siano consapevoli dello sforzo che c’è da fare».
Ricambio generazionale e veleni. E l’eterna sfida tra commercio e urbanistica, punti di svolta e passaggi critici che si uniscono in un abbraccio. I freni e il domani li spiega Sauro Lupattelli, presidente di Confcommercio: «Senza dubbio una forte criticità deriva dalla maggiore lentezza con la quale il territorio e le infrastrutture si sono adeguati alla esponenziale crescita dell’imprenditoria bastiola, mi riferisco a viabilità, parcheggi, aree industriali dismesse che a volte hanno rallentato il meccanismo. La sfida del futuro? Riproporsi con forza come punto di riferimento regionale anche con scelte che, al momento, possono sembrare azzardate. Ecco, per esempio, l’importanza del bando con i fondi del Fesr per la creazione di reti stabili del commercio: così si potrà unire le forze per creare sinergia tra le attività commerciali, superando il concetto di concorrenza». Anche perché la torta da dividersi è grossa: 80mila clienti potenziali.
Paola Mela, presidente della Confartigianato, guarda a ieri e pensa al domani: «L’affannoso sviluppo dell’edilizia è la conseguenza logica dell’effetto terremoto. In poco tempo il mercato ha subito una metamorfosi innaturale quasi da potersi definire “drogato”. Questo up-down era prevedibile a prescindere dall’attuale crisi economica. Bastia vanta un importante numero di piccole e micro imprese, molte di esse producono per terzi e ovviamente subiscono i danni provocati da una delocalizzazione produttiva senza paletti ed esagerata. Ciò significa che viene a mancare la garanzia di un lavoro stabile che si ripercuote in maniera negativa sui consumi. Considerando che i primi passi per una ripresa economica partono dal territorio, è di estrema importanza attivare un forte marketing territoriale per promuovere il prodotto e la produttività del nostro comprensorio».
Commercio e urbanistica, aree dismesse, metri cubi e nuova città, guerre di partito e di portafoglio. Il 5 dicembre c’è il consiglio comunale aperto sulla Franchi: le vecchie industrie meccaniche guardano verso Ospedalicchio (sul terreno delle Opere riunite di Perugia), il recupero urbanistico che cambierà il volto del centro storico l’ha disegnato Manuel Salgado, arriveranno lì le scuole (ma anche un teatro) che non saranno alla ex Deltafina. Qui, invece, una valanga di osservazioni per la variante, un comitato in strada, il palazzo della salute e una raffica di polemiche. Forse arriveranno le insegne della Coop che guarda con attenzione, si dice, anche all’area Pic non lontano dalla strada Rivierasca, abbandonando l’idea di mettere piedi all’ex mattatoio.
«Siamo stati con gli occhi addosso a questi passaggi e a questi processi – dice Francesco Fratellini, coordinatore di Forza Italia – e vogliamo tirare una linea sul passato. Niente caccia alle streghe, ma la certezza delle norme. La sfida è riannodare i rapporti tra istituzioni e cittadini senza dover distillare tutto con persone e passaggi ormai logori. E dobbiamo capire due cose: perché si è rotto il circuito virtuoso di chi veniva, trovava un lavoro e poi comprava casa, e perché alcune grandi imprese si sono trasferite nei comuni limitrofi».
Interrogativi che ballano sulla grande guerra per Bastia. La battaglia è appena iniziata, si gioca ancora su cemento e commercio. Insomma, il futuro dietro alle spalle.

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