Bastia

«Bagnetti sponda della Codep»

L’inchiesta. Depositato il dispositivo del riesame relativo al tecnico dell’Arpa

Avrebbe avvertito dei controlli e smorzato gli allarmi

PERUGIA – I giudici del riesame sostengono che le indagini, le intercettazioni, la verifica della documentazione delle attività di controllo e i riscontri sull’operato del tecnico, fanno emergere, a loro avviso “gravi indizi di colpevolezza” a carico di Antonio Bagnetti, 36 anni, dipendente dell’Arpa. I giudici (presidente Paolo Micheli, a latere Daniele Cenci e Francesca Altrui) rilevano che, “in più circostanze” Bagnetti avrebbe segnalato alla Codep nell’attivazione del sistema rilevatore di allarme delle centraline di monitoraggio Arpa sui parametri dei corsi d’acqua limitrofi all’impianto o l’avvenuta segnalazione da parte di terzi di episodi di sversamento o di inidonea attività di fertirrigazione “perchè potessero esserne coperte le tracce”. “Inequivoche”, poi vengono definite le finalità dei preavvertimenti, da parte del Bagnetti dei tecnici della Codep circa i controlli da effettuarsi. Sembra che questa condotta sarebbe stata ammessa dall’indagato, nel corso dell’esame camerale, con una giustificazione: in casi di emergenza sarebbe stato necessario tamponare immediatamente i rischi connessi allo sversamento. I giudici però sostengono che i preavvertimenti non erano legati solo a situazioni di emergenza (caso in cui sarebbe apparso opportuno il comportamento per evitare danni maggiore bloccare subito lo sversamento), ma anche all’espletamento “dei controlli di campionatura e di routine” o su denuncia o segnalazione da parte di terzi o delle autorità di controllo. Rilevano ancora i giudici che i colloqui intercettati e il mancato svolgimento di idonee attività di controllo “indicano con sufficiente gravità indiziaria la conoscenza da parte del Bagnetti di molte delle problematiche relative allo stato e al funzionamento del depuratore, alla qualità dei liquami prodotti, alla modalità con cui veniva effettuata l’illecita attività di smaltimento dei liquami sui pochi terreni disponibili e l’intendo di favorire la continuità dell’azione del consorzio, senza i necessari e opportuni freni che adeguati controlli avrebbero imposto”. Il riesame aggiunge che “l’intervento dell’Arpa territoriale, a dispetto della gravità dei fatti, non si è fatto più incisivo neanche in costanza dei controlli del Noe e degli altri organi tecnici durante le indagini, che in parte sono stati anche ostacolati e fuorviati, come risulta da specifici episodi dell’informativa Noe, a conferma di un preciso intento operativo di favore a tutela di interessi diversi da quello pubblico, cui l’organo di controllo è deputato”. Non solo. I giudici dicono che l’intervento di Bagnetti “è volto a smorzare l’allarme presso i superiori in ordine a episodi di sversamento dei liquami, ai fini di evitare l’intervento del personale che gestisce la rete di monitoraggio”. Quella di Bagnetti viene definita “attività di sponda” posta in essere a favore della Codep. Si afferma che godeva di “ampio margine di libertà nello svolgimento delle attività tecniche” e di “una censurabile discrezionalità nella gestione dei controlli”. E anche che “la serie di dati riportati nell’ordinanza del gip Claudia Matteini non lascia dubbi sulla “consistenza” della gestione illecita del Bagnetti, che è accusato anche di concorso nel disastro ambientale e nell’avvelenamento delle acque. I giudici, in ordine alla richiesta di revoca degli arresti domiciliari, dicono che “la conclusione del gip sulla prognosi negativa di recideva non merita censure”; che è prospettabile che l’indagato “se libero riallacci i contatti con i correi e riprende la sua abituale attività di concorso nella illecita gestione dei rifiuti”; che le condotte del Bagnetti, realizzate a fini di copertura di interessi economici altri “destano elevato allarme sociale in quanto realizzate contravvenendo agli specifici obblighi e doveri dell’ufficio e nella precisa consapevolezza, quale tecnico, della gravità delle conseguenze del reato.

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