Bastia

«Arancia meccanica» a Ospedalicchio Slitta l’Appello sul caso Masciolini

RAPINATORI KILLER IN PRIMO GRADO UN SECOLO DI CARCERE  
 

NOTTE D’ORRORE 
I banditi legarono moglie e marito e li massacrarono Lui morì

 

— PERUGIA —
E’ STATO rinviato da ieri al 3 marzo il processo d’appello per l’«Arancia meccanica» di Ospedalicchio: Luigi Masciolini (nella foto), pensionato di 85 anni, legato al letto e massacrato a calci e pugni, venne ucciso per 800 euro; la moglie, Maria Ragni, ottantenne, fu ridotta in fin di vita. Alcuni rapinatori erano entrati nella casa di Ospedalicchio di Bastia Umbra, di notte, tra il 23 e il 24 settembre 2004, sorprendendo nel sonno l’anziana coppia. Forse cercavano il denaro proveniente dalla vendita di un terreno. In primo grado sono stati inflitti 96 anni di carcere ai quattro imputati. Il gup di Perugia, Marina De Robertis, ha deciso 30 anni ciascuno per Bruno Albini (34) originario di Viterno, Tomas Poropat (24) di Roma e Francesco Rota (35) di Genova accusati di rapina, omicidio volontario e lesioni. Sei anni di prigione per rapina, invece, per il quarto componente della banda, Antonio Scozzafava (27) di Crotone, che, secondo la ricostruzione accusatoria, quella tragica notte avrebbe fatto da palo. Il Gup ha accolto in pieno le richieste del pm, Manuela Comodi. Gli avvocati delle difese avevano chiesto per i loro assistiti la derubricazione del reato da omicidio volontario a preterintenzionale e in Appello si batteranno per ottenere uno sconto delle pene. Per i legali, quella notte, Albini, Poropat, Rota e Scozzafava, hanno agito per rubare ma non per uccidere. Di «condanna ingiusta che la Corte d’Appello non può non riformare» aveva parlato l’avvocato Daniela Paccoi, legale di Bruno Albini, secondo la quale «non c’è traccia, nella volontà degli imputati, di voler uccidere Masciolini». Una «entità della pena assolutamente esagerata» era stata definita dal legale Silvia Egidi che, insieme a Maria Di Rocco, difende Poropat. «Il mio assistito — ha detto il legale—- quella notte era lì esclusivamente per compiere un furto». «Una sentenza profondamente ingiusta e non proporzionata al ruolo svolto dal nostro assistito», era stata la replica degli avvocati di Rota, Giulio Piras e Eugenio Daidone. «Pena eccessiva» anche secondo l’avvocato Vincenzo Rossi, legale di Scozzafava, «tenuto conto del ruolo marginale avuto nella vicenda».

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