Quarantaduenne residente a Bastia brutalmente aggredita e picchiata dall’uomo che aveva lasciato


“Ho temuto di morire, ora vivo nel terroreche mi uccida”


FRANCESCO CASTELLINI
PERUGIA – Non gli è bastato picchiarla fino a ridurla in fin di vita. Non si è accontentato di sferrarle pugni al volto, romperle il setto nasale, colpirla
ad un occhio fino a farle rischiare la cecità, provocarle un trauma cranico e tenerle stretto il collo fino a lederle una corda vocale, fino a toglierle il
respiro, fino a farla svenire.
La sua furia bestiale non si è placata neppure quando la sua preda era in terra, con il sangue che le occludeva la bocca, che le impiastricciava i vestiti. Ha continuato a colpirla senza pietà, a dare calci, a strillarle nelle orecchie le sue intenzioni omicide. Non gli è bastato tutto questo, adesso, a distanza di giorni da quella brutta vicenda, continua ancora ad importunarla. Ha atteso che uscisse dall’ospedale per minacciarla ancora, per insultarla, per dirle “mi hai rovinato”, e per obbligarla al silenzio, per ricordarle che se questa storia dovesse provocargli danni legali ed economici per lei sarebbe finita davvero, “questa volta per sempre”. E sul fatto che non sia pentito lo dimostra ciò che ha dichiarato direttamente al figlio della donna: “Tua madre ha avuto ciò che si merita”.
L’episodio è accaduto lo scorso 5 febbraio. Protagonisti una coppia: lei 42enne di Bastia, lui (A.S.) è un 48enne di Perugia. E’ la storia di un amore singhiozzato. Lui un libero professionista che si è ritrovato ricco in pochi anni. Lei una ragazza di provincia, con alle spalle un matrimonio bruciato, un figlio, una vita di stenti. Lei è carina, una bambolina. Mora, piccola, ben fatta, si sa esprimere, si sa presentare. Per lui non è difficile irretirla con una prospettiva di agi e di lussi. Sono anni di convivenza burrascosi. Si prendono e si lasciano. Fino a quando lei ormai stanca gli dà il benservito. Si perdono di vista. Fino a qualche giorno fa quando lui la rincontra, forse non per caso. Lei fa l’errore di invitarlo a casa. Racconta: “E’ arrivato che era già strano, nervoso. Aveva in mano il cavo elettrico del caricabatteria del cellulare che torturava in continuazione. M’ha proposto di sposarlo. Io ho avuto solo il tempo d dirgli “no”, “aspetta”, “voglio imparare a fidarmi di te”, che me lo sono ritrovato addosso. Credevo davvero che fosse giunto il mio momento. Mi ricordo solo che prima di svenire, in un lampo di disperazione, ha prevalso l’istinto di sopravvivenza. Lui che mi toglieva il fiato, io che lo graffiavo, che mi divincolavo per impedirgli di strangolarmi”. La colluttazione è durata un tempo infinito, dilatato dal dolore e dalla paura. Si è fermato solo quando tutto sembrava irrimediabilmente compromesso, quando lei non dava più segni di vita. Solo allora l’ha raccolta, caricata nell’auto e di corsa l’ha portata al pronto soccorso del Silvestrini. Agli infermieri sarà lui a dare la versione dei fatti. “Abbiamo subito un’aggressione da parte di due albanesi”. Lei è piena di lividi, lui ha la mano destra gonfia. I sanitari non la bevono. Appena la donna si riprende le chiedono la verità. Lei spiega l’accaduto, arrivano i carabinieri, ma non lo trovano, nel frattempo il coraggioso individuo aveva tolto il disturbo. “Ho paura che mi ammazzi” – continua a ripetere la donna. Sulla vicenda è stato aperto un fascicolo, i carabinieri tengono tutto sotto controllo. A.S. vanta già precedenti penali, per aver minacciato e picchiato un’altra donna di Todi, per la burrascosa separazione che si è lasciato alle spalle, e visti i trascorsi non è davvero il caso di prendere la questione alla leggera.

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