L’inchiesta ruota attorno alla somministrazione di farmaci
di SARA MINCIARONI
BASTIA UMBRA –IL «PICCOLO CARRO» somministrava terapie farmacologiche. E questo non era un mistero per nessuno. Non lo era nemmeno il fatto che la struttura si fosse dotata di specialisti e medici per lavorare con i ragazzi. In un limbo normativo che è tratteggiato anche nelle corrispondenze tra Usl e Regione, così come nella delibera 712 della Giunta Regionale, si muove l’attività della cooperativa di Basti Umbra, oggi sotto inchiesta della Procura di Perugia, proprio perchè avrebbe illecitamente svolto attività di tipo sanitario quando era autorizzata formalmente solo a svolgere quella socio-educativa. E non «terapeutica». Distinzione su cui si gioca tutta la partita penale ed economica. Perchè – ed è alla base dell’ipotesi di frode nelle pubbliche forniture – mentre per un paziente ‘sociale’ sono previsti 150 euro al giorno, per un minore da monitorare sotto il profilo sanitario i comuni pagano fino a 400. La Regione, nonostante nel ’97 avesse stabilito di non istituire strutture residenziali e semi per la salute mentale nell’età evolutiva, a maggio 2015 preadotta una delibera in cui ‘modifica’ i precedenti intenti e introduce la «tipologia di strutture residenziali sia a valenza terapeutica che terapeutiche da sottoporre a sperimentazione». Tutto carteggio ora al vaglio della Finanza che sta indagando, insieme ai carabinieri del Nas. Tra le carte sequestrate anche la lettera, datata 11 agosto 2016 in cui la Usl 1 scrive al direttore sanitario Pasquale Parise, alla direttrice del Dsm Patrizia Lorenzetti, all’assessore di Assisi Serena Morosi e al garante per i minori della Regione, Maria Pia Serlupini in risposta alla «diffida» del comune di Assisi, relativa alla Comunità. In particolare il responsabile del Dipartimento salute mentale, Marco Grignani, informa gli Enti di aver incontrato i responsabili della cooperativa che gestisce sei strutture (tra Assisi, Bastia Umbra e Perugia), alla presenza del Garante per l’infanzia e l’adolescenza.
«LE CARATTERISTICHE – scrive – risultano trasformate rispetto al passato e appaiono caratterizzate dalla necessità di un sostegno psicologico nel percorso socio-educativo individuale; molti dei soggetti giungono all’inserimento gravati dalla prescrizione di una terapia farmacologica», appunto. Non solo, «la cooperativa – spiega il responsabile Asl – si è dotata di un’equipe di psicologi e medici psichiatri per sostenere gli ospiti dal giorno del loro inserimento nella vita comunitaria». Sempre Grignani spiega che «valutando lo stato corrente della normativa sono emerse la necessità e quindi la volontà di concretizzare costante collaborazione fra la Cooperativa e questa Usl, per la tutela di quei minori che, sebbene inseriti in un ambito socio-educativo, manifestino il bisogno di forme di intervento a sostegno della salute mentale».
BASTIA UMBRA –IL «PICCOLO CARRO» somministrava terapie farmacologiche. E questo non era un mistero per nessuno. Non lo era nemmeno il fatto che la struttura si fosse dotata di specialisti e medici per lavorare con i ragazzi. In un limbo normativo che è tratteggiato anche nelle corrispondenze tra Usl e Regione, così come nella delibera 712 della Giunta Regionale, si muove l’attività della cooperativa di Basti Umbra, oggi sotto inchiesta della Procura di Perugia, proprio perchè avrebbe illecitamente svolto attività di tipo sanitario quando era autorizzata formalmente solo a svolgere quella socio-educativa. E non «terapeutica». Distinzione su cui si gioca tutta la partita penale ed economica. Perchè – ed è alla base dell’ipotesi di frode nelle pubbliche forniture – mentre per un paziente ‘sociale’ sono previsti 150 euro al giorno, per un minore da monitorare sotto il profilo sanitario i comuni pagano fino a 400. La Regione, nonostante nel ’97 avesse stabilito di non istituire strutture residenziali e semi per la salute mentale nell’età evolutiva, a maggio 2015 preadotta una delibera in cui ‘modifica’ i precedenti intenti e introduce la «tipologia di strutture residenziali sia a valenza terapeutica che terapeutiche da sottoporre a sperimentazione». Tutto carteggio ora al vaglio della Finanza che sta indagando, insieme ai carabinieri del Nas. Tra le carte sequestrate anche la lettera, datata 11 agosto 2016 in cui la Usl 1 scrive al direttore sanitario Pasquale Parise, alla direttrice del Dsm Patrizia Lorenzetti, all’assessore di Assisi Serena Morosi e al garante per i minori della Regione, Maria Pia Serlupini in risposta alla «diffida» del comune di Assisi, relativa alla Comunità. In particolare il responsabile del Dipartimento salute mentale, Marco Grignani, informa gli Enti di aver incontrato i responsabili della cooperativa che gestisce sei strutture (tra Assisi, Bastia Umbra e Perugia), alla presenza del Garante per l’infanzia e l’adolescenza.
«LE CARATTERISTICHE – scrive – risultano trasformate rispetto al passato e appaiono caratterizzate dalla necessità di un sostegno psicologico nel percorso socio-educativo individuale; molti dei soggetti giungono all’inserimento gravati dalla prescrizione di una terapia farmacologica», appunto. Non solo, «la cooperativa – spiega il responsabile Asl – si è dotata di un’equipe di psicologi e medici psichiatri per sostenere gli ospiti dal giorno del loro inserimento nella vita comunitaria». Sempre Grignani spiega che «valutando lo stato corrente della normativa sono emerse la necessità e quindi la volontà di concretizzare costante collaborazione fra la Cooperativa e questa Usl, per la tutela di quei minori che, sebbene inseriti in un ambito socio-educativo, manifestino il bisogno di forme di intervento a sostegno della salute mentale».
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