La tragedia di Talamone:Cioli e Trevani morti per aiutare il medico-sub.Barbacci in salvo

L’ULTIMO SMS-Cioli aveva scritto a un amico «Domani vado a fare un’immersione a Grosseto»

di ROBERTO CONTICELLI
PERUGIA —SI E’ SENTITO male in piena immersione e in pochi istanti, battendosi il petto e pinneggiando disperatamente, ha avviato dal profondo una risalita incontrollata. Il dottor Fabio Giaimo, 57 anni, esperto anestesista dell’Usl 1 in servizio nell’ospedale di Castiglione del Lago, sposato con una collega e padre di un ragazzo poco più che ventenne studente di Architettura a Firenze, non ha potuto rispettare le procedure di decompressione.
IL SUO GESTO improvviso ha sconvolto gli altri, che gli sono andati dietro per cercare in qualche modo di aiutarlo. E invece purtroppo la loro è stata una risalita verso la morte. Stroncati dall’embolia. Sarebbe questa l’ipotesi al vaglio degli inquirenti per spiegare l’accaduto, mentre sembra svanire quella delle bombole difettose. Giaimo aveva raggiunto Talamone in sella alla propria moto. Lì aveva trovato Enrico Cioli, 32 anni, tappezzerie con attività a Bastia Umbra, la «Linea Cioli» appunto, azienda che ha sede accanto allo stadio. Con loro Gian Luca Trevani, 35 anni, nato a Foligno ma residente a Bastia Umbra, tecnico informatico esperto in immersioni tanto da aver conseguito il brevetto di istruttore. Cioli e Trevani erano soliti allenarsi nella piscina bastiola. Nel gruppo della tragica escursione all’arcipelago grossetano delle «Formiche» anche Marco Barbacci, perugino, istruttore subacqueo di «Thalassa», che si è salvato e poi è stato a lungo in camera iperbarica.
UNA PASSIONE, quella per il mare, che li accomunava da anni e che spesso li vedeva insieme nei giorni liberi. Cioli, ad esempio, sabato alle 23.20 era stato contattato via sms da un amico che gli chiedeva: «Sei a Fiastra?», località lacustre frequentata per compiervi immersioni. Alle 23.58 la risposta del tappezziere bastiolo, sempre tramite messaggino: «Sono a casa, che domani vado a fare un’immersione a Grosseto». Poi all’indomani, a cavallo di mezzogiorno, la tragedia al largo di Talamone, con Giaimo, lo stesso Cioli e Trevani (entrambi celibi e senza figli) deceduti e Barbacci che riesce a salvarsi. La notizia arriva ben presto in Umbria e sconvolge non soltanto gli addetti ai lavori, i numerosi — pure in una regione che non ha sbocchi sul mare — amanti delle immersioni, ma anche l’ambiente sanitario in cui operava il dottor Giaimo (la sorella Donata è un’apprezzata dirigente regionale dello stesso ambito professionale) e quanti tra Perugia, l’area del Trasimeno, Assisi e Bastia conoscevano lui e gli altri sfortunati.
IL TRIBUTO pagato a una passione praticata con entusiasmo e competenza. Trevani, tanto per illustrare il livello di preparazione di questi sub, aveva effettuato immersioni nei più suggestivi scenari frequentati dagli amanti del genere, anche nelle Filippine, e non di rado si era trovato a stretto contatto con gli squali che aveva immortalato in spettacolari foto poi diffuse in «rete». Professionalità indiscusse che però non sono servite a evitare l’imprevisto che li ha condotti alla morte.

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