Alimentare Chiudono Bastia, Padova a Bari

Marina Rosati


BASTIA UMBRA – Lo storico stabilimento della Petrini di Bastia, emblema della Milano dell’Umbria non ci sarà più. Almeno come sito produttivo. L’annuncio ufficiale è arrivato ieri da parte dei vertici del gruppo Mignini che, durante un incontro in Confindustria con i sindacati hanno formalizzato l’intenzione di chiudere da fabbrica di Bastia Umbra insieme a quella di Padova e Bari. Una doccia fredda per il modo e per la pragmaticità con cui è stata data la notizia anche se le avvisaglie della tempesta c’erano già state. In pratica significa mandare a casa circa 68 dipendenti complessivi, di cui 21 umbri (18 operai e 3 impiegati). Ma i sindacati non si rassegnano e appena terminato l’incontro hanno annunciato la mobilitazione ai massimi livelli per riaprire un confronto con l’azienda, leader in Italia nel settore dei prodotti mangimistici di qualità che conta in tutto 160 addetti, suddivisi negli attuali sei stabilimenti (Bastia Umbra, Padova, Bari, Bologna, Petrignano d’Assisi e Napoli).
“Il fatto in assoluto più grave -afferma Roberto Montagner, segretario nazionale Flai-Cgil e coordinatore del gruppo Mignini – è che l’azienda oggi si è presentata senza l’ombra di un piano industriale, che al contrario noi chiediamo da tempo. Per questo, la nostra preoccupazione,
espressa in maniera chiara al tavolo di Confindustria a Perugia, non riguarda solo chi rischia direttamente il posto di lavoro, ma anche e soprattutto coloro che rimangono, perché senza piano industriale l’azienda non ha prospettive”.
Di qui la scelta del sindacato di aprire lo stato di agitazione e di non riavviare la trattativa finché l’azienda non si presenterà con un progetto serio e garantendo a 360 gradi tutti i lavoratori e quindi un impatto sociale pari a zero. Nei prossimi giorni i rappresentanti dei lavoratori terranno assemblee in tutti i siti produttivi del gruppo per preparare al meglio lo sciopero del 17. Uno sciopero di quattro ore che però, come annunciano fonti sindacali, è solo l’inizio della battaglia. Se l’azienda non tornerà sui suoi passi – fanno sapere – saremo costretti ad occupare la stessa sede”.
Intanto i sindacati hanno già incontrato il sindaco di Bastia Francesco Lombardi che anche in precedenza si era occupato della vertenza, al momento dell’acquisizione da parte di Mignini.
Bisognerà ora vedere quali iniziative intenderà prendere l’amministrazione comunale rispetto all’annuncio dell’azienda che comporta un cambiamento importante da un punto di vista urbanistico qualora venisse effettivamente dismesso il sito produttivo. Si cancella così una parte di storia bastiola legata forse al più stabilimento cittadino. E pensare che nel 2002, a difficoltà già iniziate, la Petrini contava oltre 660 dipendenti diretti. In Umbria erano poco meno di 300 dipendenti diretti (dei quali 110 impiegati, i più a rischio in questa crisi dell’ azienda), più 42 lavoratori di una cooperativa che svolge servizi interni nell’impianto di Bastia.
Enorme l’indotto, a cominciare dai 150 ‘padroncini’ umbri del trasporto che ruotano intorno al gruppo di Bastia.
Ma la storia è storia e la realtà economica è ben diversa con chiusure, dismissioni e vendite dal nord al sud dell’Umbria che incominciano davvero a far paura.
 



Alimentare Flai, Fai e Uila denunciano la situazione : “Orari pesanti e busta paga sempre più leggera soprattutto per gli stagionali”


“Clima teso e relazioni difficili alla Colussi di Petrignano”


ASSISI (fla.pag.) – I sindacati di categoria Flai, Fai e Uila, riportano l’attenzione sullo stabilimento Colussi di Petrignano, la cui “Rsu, in quasi un anno in carica, ha più volte tentato di far comprendere all’azienda il clima esasperato che si respira in fabbrica. I carichi di lavoro, gli orari, i turni che comprendono notti, sabati e domeniche, determinano una forte insoddisfazione dei lavoratori, senza contare la busta paga sempre più leggera, per molti leggerissima a causa di contratto part-time, che non soddisfa certo le aspettative del personale che invece si aspetterebbe, da una grande azienda nazionale quale Colussi, delle risposte certamente più efficaci e concrete”. Dopo il j’accuse, arrivano le richieste, “avanzate da tempo e del tutto ragionevoli: la mensa aziendale, un parcheggio auto che non costringa i lavoratori a parcheggi improvvisati, e la revisione di alcune indennità accessorie della busta paga che possano adeguarla all’attuale costo della vita. “Tutte semplici richieste – sottolineano
in una nota Flai Fai e Uila – che però hanno sempre incontrato un muro di gomma aziendale teso a screditare le nostre richieste e a delegittimare la stessa rappresentanza sindacale. Queste relazioni industriali hanno prodotto per tutta risposta il proliferare di nuove sigle sindacali, le quali all’opposto di quanto fatto dalla Rsu aziendale, utilizzano le difficoltà quotidiane al solo fine di creare dissenso. E questo che interessa all’azienda? E’ questo il fine ultimo del comportamento della nostra controparte ai tavoli negoziali, cioè quello di soreditare il sindacato confederale?. Noi – concludono le tre sigle sindacali – intendiamo proteggere i nostri rapfarpresentanti sindacali aziendali in quanto riteniamo ohe essi siano l’espressione dei lavoratori di Petrignano, e pensiamo sia indispensabile, da parte aziendale, che si esprimano segnali in controtendenza con quanto da noi sopra denunciato, pena l’aprirsi in Colussi una stagione nuova, diversa da quelle precedenti”.
 

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