Il ricordo del nipote Marco: “Non parlavano mai della loro impresa”. La macchina è rimasta di proprietà della famiglia
Ha chiuso i battenti la tipografia dei documenti falsi per gli ebrei di Assisi
di LUCIA PIPPI
ASSISI – Chissà quante volte avranno sobbalzato. Praticamente ad ogni passo, in quelle lunghissime nottate trascorse con la macchina da stampa accesa. Quelle notti ti-piche di Assisi, con un silenzio che sembra quasi irreale tra le mura cittadine. Ed una quiete che era rotta dal lavoro di quella macchina. Un lavoro clandestino, ovviamente illegale, che poteva avere conseguenze davvero drammatiche se fosse stato scoperto dai soldati tedeschi che pattugliavano la città.
Perché Luigi e Trento Brizi, negli anni ’40, non erano tipografi qualsiasi. Magari lo erano di giorno, quando, pur con la maestria che gli era stata ufficialmente riconosciuta, stampavano il normale materiale di ogni tipografia. Ma di notte erano gli operai ufficiali di quella che la storia ha ribattezzato “Assisi Clandestina”, ovvero l’organizzazione messa in piedi dal vescovo Placido Nicolini e da alcuni sacerdoti come padre Rufino Niccacci o don Aldo Brunacci. Una vera e propria associazione che avrebbe portato a salvare centinaia di ebrei dalle persecuzioni dei nazisti.
E’ facilissimo immaginarli, anche per chi non li ha conosciuti, davanti a quella macchina “Felix”, un vero gioiello, che preparavano le carte d’identità intestate a persone residenti in varie città d’Italia di cui ave-vano falsificato i timbri e gli stemmi. Erano quegli stessi documenti che venivano poi consegnati a Gino Bartali che li portava, con la scusa di una gita di allenamento, nascosti nella canna della bicicletta, a Firenze, dal cardinale che poi li avrebbe consegnati ad altri ebrei.
Alcuni servivano per quelli che si erano rifugiati direttamente ad Assisi, nei conventi o in case private, dove vivevano una vita parallela, in alcuni casi anche inserendosi E’ facile anche immaginare la loro paura e le scuse che, con ogni probabilità, avevano preparato nel caso di un’incursione dei soldati.
Fino a qualche giorno fa, chiunque conoscesse quel bellissimo capitolo della storia di Assisi, passeggiando per via Santa Chiara, poteva riviverlo quasi in pieno. Purtroppo Luigi e Trento Brizi non ci sono più. Luigi è morto da molti anni e Trento lo ha seguito nel 1994. Ma lì, in quei locali del centro storico c’era ancora la loro tipografia. Era stata trasformata, da alcuni anni, in un negozio di souvenir nel quale lavorava-no gli eredi dei due tipografi, il nipote di Trento, Ugo Sciamanna e la moglie. Ma la natura di quella tipografia era stata conservata nel corso degli anni. Intatta. Al punto che la vecchia macchina dei documenti clandestini e i caratteri utilizzati per realizzarli facevano bella mostra di sé nel negozio. Inoltre davanti al negozio c’era una targa che indicava proprio le attività “clandestine” che vi erano state svolte. E non solo. Avevano cercato di mantenere intatta anche la tradizione di famiglia che voleva quel negozio come un punto di ritrovo per gli assisani, al di là della clientela in senso stretto. “Lì si parlava di Calendimaggio – raccontano gli assisani – si parlava di politica. Non c’era vergogna ad affrontare nessun discorso. Bastava – aggiungono con un po’ di ironia – non contraddire Trento!”.
Adesso però quel luogo ha chiuso. Ai titolari del negozio è arrivato l’avviso di sfratto. Non per morosità, malgrado gli affitti elevati. Così, senza un apparente motivo. I titolari, tuttavia, non si sono fatti abbattere dal punto di vista economico e hanno trovato un altro negozio in via Frate Elia dove hanno spostato la loro attività. Ma non è la stessa cosa. E anche la macchina da stampa più cara agli assisani non è più visibile come lo è stata fino a qualche tempo fa.
Ovviamente Ugo Sciamanna e la moglie non hanno alcuna intenzione di regalarla o di venderla. Ma hanno dovuto spostarla in un garage, insieme ai caratteri tipografici utilizzati dai due grandi tipografi.
Un’operazione avvenuta sia con fatica, proprio per il peso della macchina e della taglierina, che con rammarico. Perché con il trasferimento si è persa davvero una parte importante della storia di Assisi. Insieme al loro negozio, infatti, hanno tolto la targa che ricordava l’opera dei due tipografi.Ma chi erano realmente Trento e Luigi Brizi?
“Il mio bisnonno Luigi – afferma Marco Sciamanna, figlio dei titolari del negozio – non me lo ricordo molto. La memoria di mio zio Trento è molto più forte, invece”.“Era un uomo molto forte – racconta – e poteva apparire burbero. Anche se in realtà era sempre pronto a dare una mano agli altri quando ne avevano bisogno. Si racconta, come storia di famiglia, che avesse spesso prestato soldi a chi si trovava in difficoltà, al di là delle idee politiche e altro”. Già, per-ché la politica era una delle principali passioni di Trento Brizi. Iscritto al Pci da giovanissimo aveva sempre abbracciato la fede del partito pur essendo profondamente cattolico.
“Quando si parlava di politica durante i pranzi di famiglia – aggiunge Sciamanna – era sempre il primo ad accalorarsi e a non voler cedere l’ultima parola”.
Era un uomo sanguigno, ma dal cuore buono. E forse fu proprio per questo che accettò insieme al padre di lavorare a quella grande impresa. “Di quel periodo – continua il nipote – ne parlavano sempre poco e mal volentieri. Soltanto se qualcuno lo incalzava raccontava qualche
piccolo episodio. Per mio zio Trento era una cosa che aveva fatto semplicemente perché era in grado di farla e soltanto lui poteva lavorarci. Non se ne vantava, assolutamente, ma di sicuro era uno dei suoi ricordi più belli”.
IL PARTICOLARE
Un percorso per ricordare i due “giusti”
ASSISI – Luigi e Trento Brizi, malgrado anche loro siano stati insigniti del riconosci-mento di “Giusti di Israele” non sono mai entrati nella sto-ria ufficiale. Anche nei vari libri e nel famosissimo film “Assisi Underground”di Alexander Ramati, compaiono solo come sfondo a quelle dei religiosi e del capitano nazista che reggeva Assisi, Valentin Muller. Ma senza di loro, con ogni probabilità, molti ebrei non sarebbero stati salvati.
Adesso, con la chiusura del locale e con il trasferimento dal suo luogo originario della macchina, nonché con la rimozione della targa, si rischia di veder scomparire una testimonianza importante, forse l’unica ancora tangibile, di quel capitolo di storia fatto di ebrei nascosti nei conventi, nelle clausure, alcuni travestiti da frati.
Una storia che è stata in parte dimenticata e per la quale si vuole cercare un ricordo.
E’ che è nata la proposta del consigliere del Pd, Claudia Maria Travicelli, di un percorso storico, realizzato da esperti, per onorare chi ha rischiato la vita per gli altri. Soprattutto per queste due persone, questi due artigiani, che nel loro mestiere erano dei veri e propri artisti, che hanno saputo dare non solo una nuova identità ma anche una speranza a tante persone.
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