L’INTERVISTA  

L’artista partenopeo rivisita le maschere della grande tradizione  


di SOFIA COLETTI
— BASTIA —
E’ LA MASCHERA per antonomasia del teatro napoletano, del suo patrimonio di voci, immagini, suoni e personaggi. Da anni Peppe Barra (nella foto) rinnova e arricchisce la grande tradizione partenopea con uno stile personale, avvolgente, raffinato. E adesso anche con un’irresistibile vena comica che dà l’impronta al nuovo appuntamento della stagione di prosa dell’Esperia, organizzata da Comune e Atmo. Barra sarà a Bastia martedì con «Le follie del Monsignore», spettacolo che ha scritto nel ’91 e che ora rimette in scena in un nuovo allestimento, affiancato da Patrizio Trampetti e Ciro Cascino (prevendite dei biglietti in corso, info e prenotazioni ai numeri 075/8011613 e 075/8000556). E’ l’opera che ha creato due maschere indimenticabili e che Barra racconta con passione, ricordando il suo amore per la fantasia, per il piacere dell’invenzione e per l’Umbria.
Chi è il Monsignore del titolo?
«E’ Monsignor Perelli, una delle maschere più amate nelle leggende metropolitane di Napoli. Un personaggio stralunato, vissuto nel 1700, a metà tra lo scienziato pazzo e il nobile prelato. Le sue smemoratezze, i suoi peccati di gola, i suoi esperimenti assurdi sono diventati oggetto di culto. E io ho voluto riproporli, ma in un modo nuovo».
E quale espediente ha trovato?
«Quello di inventare di sana pianta un nuovo personaggio, che io interpreto in scena: Menica, la vecchia perpetua pettegola, affettuosa, tenera e brontolona. E’ lei che racconta e rivive la storia, giocando con il pubblico e conservando il linguaggio e lo spirito napoletano più autentico».
E come si è trovato in un ruolo “en travestì”?
«Mi sono ispirato ai modelli della mia infanzia, alle nonne e alle zie. Del resto un servitore non avrebbe avuto lo stesso effetto, la figura della perpetua – confidente è più forte, più adatta a raccontare».
Perché ama la tradizione?
«Perché rappresenta le nostre radici, i ricordi, le memorie. Tutto un mondo fantastico e poetico che noi artisti abbiamo difficoltà a proporre, in questa realtà così monotona e ovattata. Per questo bisogna proseguire, giorno dopo giorno».
E il suo legame con l’Umbria?
«E’ fortissimo, indissolubile. Del resto i grandi eventi della mia Compagnia di Canto Popolare sono nati a Spoleto, al Festival dei Due Mondi. Anche il solo ricordo dell’Umbria mi affascina e mi arricchisce».
Bastia Umbra

Teatro Esperia
Martedì 19 alle 21

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