di Paola Setti


Quattro bambini Rom che muoiono in un rogo, la politica che si affanna a cercare norme nuove e più efficaci, e nessuno che si sia accorto che la legge c’è già, basterebbe applicarla. Tradotta dal burocratese, la direttiva europea del 2006 dice così: tutti i cittadini europei, quindi anche i Rom, hanno diritto di circolare e soggiornare liberamente su tutto il territorio europeo. Ma, oltre a non costituire un pericolo per la sicurezza nazionale, devono dimostrare di possedere adeguati mezzi per mantenere se stessi e le proprie famiglie. Altrimenti possono essere riaccompagnati nel loro Paese. Il vicepresidente della Commissione europea Franco Frattini, ci lavora da tempi non sospetti, «perché non ci si può occupare dei nomadi solo dopo tragedie come quella di Livorno», sollecitando il ministro dell’Interno Giuliano Amato ad avviare i controlli attraverso le questure.


Messa così sembra fin troppo facile.
«Lo è. La direttiva è immediatamente applicabile, senza necessità di ulteriori specificazioni. Amato mi è parso consapevole di questo e spero si muoverà in questa direzione».


Ma i Rom, proprio in quanto cittadini europei, non possono essere espulsi.
«Infatti non si tratterebbe di espulsione, ma di riaccompagnamento nelle città di provenienza. L’Ue prevede percorsi di reinserimento anche attraverso aiuti finanziari, come il fondo sociale europeo».


La sinistra radicale farebbe le barricate.
«Mi dispiace per la sinistra radicale, ma viviamo in un sistema di regole europee, che vanno applicate».


E come si si fa a definire gli “adeguati mezzi di sussistenza”?
«Una via che alcuni Paesi stanno valutando è quella di fare riferimento al reddito minimo tassabile. Il nomade che vuole soggiornare in Italia deve dimostrare di possedere un lavoro che gli consenta di restare al di sopra di quella soglia per tutto il tempo che vuole restare qui».


Una parola.
«Sì, ma è giunto il momento dei doveri. I diritti sono già stati definiti, basti pensare alla carta di Nizza del 2000».


In realtà l’Italia rischia sanzioni per aver recepito in modo insoddisfacente la direttiva europea del 2000 sulla discriminazione su base razziale ed etnica «Vero, ma io penso che quella interpretazione restrittiva si potrà rimuovere, allargando le maglie dei diritti, solo dopo aver fissato uno statuto dei doveri. I nomadi devono sapere che il passaporto europeo non dà loro il diritto di violare le nostre regole, e che non ci sarà tolleranza verso l’illegalità, lo sfruttamento dei minori o la segregazione delle donne. Serve una carta dei doveri, un patto di integrazione».


Chi dovrebbe scriverlo?
«Va fatto a livello locale, perché l’Unione europea non può definire come verrà organizzata l’accoglienza alle periferie di Milano o di Roma».


Cosa dovrebbe contenere questo patto?
«Dovrebbe prevedere sanzioni penali severe per il mancato rispetto del nostro impianto di legalità. E l’impegno dei Comuni a offrire alloggi decorosi e occasioni di lavoro, anche temporaneo».


Lamentano i sindaci e conferma il ministro alla Solidarietà sociale Paolo Ferrero che non ci sono i soldi.
«L’Unione europea può cofinanziare programmi di questo tipo, ma prima ci devono essere i progetti, che io però non ho mai visto».


 

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