PACIFISTI E IMBECILLI

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 di MARCELLO VENEZIANI


Sbarcano i soldati italiani in Libano e le bandiere della pace spariscono. Solo i marò mandati da Berlusconi erano cattivi?


Ti ho sorpreso l’altra notte, compagno pacifista che abiti sotto casa mia, mentre ritiravi dal balcone la tua scolorita bandiera arcobaleno che languiva da anni sul davanzale in stato di avanzata putrefazione. Era lurida e indecente, ma c’è voluto il governo Prodi- D’Alema per fartela ammainare. Ti ho visto mentre ti sporgevi con la tua peluria rossa e le tue zampine maculate di carota e furtivamente mettevi dentro quello straccio multicolore che si era ormai ridotto – come i poeti partenopei chiamerebbero in linguaggio colorito – a ‘na mappina e’ ciess. Ti ho riconosciuto da quelle zampine butterate perché non ti avevo mai visto in faccia; quando passavo dal cortile e tu eri sulla moto già intabarrato nel casco, mi canticchiavi – credendo di sfottermi – bandiera rossa. Che eroico, ti premunivi del casco per non farti vedere in faccia o temevi che ti menassi e ti riparavi sotto l’elmetto della pace? Ma è inutile usare il casco, pezzo di cretino, tutela le tue ginocchia piuttosto che la tua testa; per un marciatore della pace sono più importanti di quell’inutile prolungamento del collo, quel superfluo portacapelli. Usate la testa come un ripetitore automatico, voi sciampisti del pacifismo militante. Una sinistra orwelliana Era triste e indecente quella bandiera arcobaleno appassita al tuo balcone, non più innaffiata dalla retorica pacifista; come tutte le bandiere lasciate marcire al sole era diventata uno schifo, un incrocio fra stinto e sporco come la mutanda di uno scafista albanese in fuga. A esporla così a lungo, fuori luogo e fuori tempo, a sproposito, è come se una bandiera esalasse l’anima e si riducesse ad un cadavere delle idee che pretendeva di sbandierare. Ne vedevo tante fino a qualche giorno fa ancora appese ai balconi, soprattutto nel cuore di Roma, fra Trastevere e Testaccio, che risalivano all’era geologica berlusconiana, quando l’Italia era notoriamente un Paese bellicoso, il Cavaliere aveva dichiarato la legge marziale e l’audience si misurava in milioni di baionette e non di antenne. Ora quelle bandiere sono sparite da molti davanzali. Perché molti come te, imbecille pacifista, hanno pensato di ritirare la bandiera della pace ora che al governo c’è il pacioso Prodi e la mammola D’Alema che fornisce la pace con i baffi. Le guerre, quando governa la sinistra orwelliana, si chiamano operazioni di pace, le occupazioni militari si chiamano ingerenze umanitarie, le bombe sono bomboloni e i panzer si chiamano panzerotti, per sfamare la popolazione. Ho saputo che sei un insegnante di scuola media inferiore, e non so se inferiore è riferito alla scuola media o al tuo livello d’insegnamento, ma ti chiedo: e ora cosa racconterai ai tuoi ragazzini dopo che hai loro riempito la testa di pacifismo e di no alle armi? Come giustificherai la tua adesione alla spedizione militare in Libano? Saprai spiegare la differenza che corre tra i militari italiani che aiutano la popolazione in Afghanistan e anche in Iraq e quelli che vanno in Libano? Farai capire la differenza che passa tra le armi portate a Nassiriya – dove morirono bastardi invasori, secondo i cortei a cui hai partecipato – e le armi evidentemente innocue portate a Tiro? Ci vuole una mente double face ed una faccia come il culo per dire che i primi sono guerrafondai e invece i secondi sono pacifondai. Ma so bene che non sei solo; anche nei ripensamenti preferite il Collettivo. Ripenso a Bertinotti e ai cento compagni che il 2 giugno chiesero il ritiro delle truppe italiane dall’Italia, perché erano contrari perfino alla sfilata militare. Ripenso a quanti chiedevano per la festa della Repubblica una sfilata pacifica in abiti civili, magari con le infradito e il pareo, una specie di parata gay della repubblica, ove la parola pax si poteva scrivere anche pacs, tanto si legge allo stesso modo. Ripenso alla compagna paleofemminista Lidia Menapace che reputava aggressive persino le pattuglie acrobatiche delle frecce tricolori e ne chiedeva il ritiro, ed ora grazie al suo cognome doubleface, ha tolto il suffisso pace e le è rimasto il prefisso mena. E se in Libano scappa il morto, se avviene un attentato ai nostri soldati, se c’è un agguato, che si fa? Si spara o si rispolvera la bandiera arcobaleno? Si usano le armi o si torna di corsa da mammà? Ricorrete ai generali o ai padri comboniani? Sganciate bombe o colombe? Avete considerato anche la remota eventualità che la missione di pace possa, come in quasi tutti gli altri casi, trasformarsi in missione di guerra? Penso che questa eventualità l’abbiano considerata anche Prodi e D’Alema; infatti non hanno inviato in missione le vallette dei festival dell’Unità o di Liberazione, ma soldatini in assetto di guerra. E sono partiti con navi da guerra e non con la mongolfiera o il trenino della pace… Le esequie di un’ossessione Ma non vi fa impressione tutta questa retorica patriotticomilitare del Maresciallo D’Alema, questo rumore di sciabole da Palazzo Chigi e di sciabolette, come quella del ministro della Guerra, il mezzo granatiere sardo Arturo Parisi? Non so se sei andato anche questa volta alla marcia funebre della pace ad Assisi, ma non ti sei accorto di aver accompagnato in corteo il feretro dei tuoi ideali? Non hai provato un senso di schifo e di rimorso, quando l’altra notte sei rientrato in casa con lo straccio arcobaleno per acquattarlo chissà dove? Magari nel cassetto dove hai nascosto i cimeli di guerra del passato estremista e gruppettaro? Ora se riesci a guardarti allo specchio hai un’alternativa: quello di sentirti un pacifista ipocrita o un pacifista fallito. Scegli tu, liberamente, a quale categoria appartenere. E vergognati, in ogni caso, di aver considerato quelli che mandarono i nostri soldati in altre missioni all’estero come dei guerrafondai pazzi e asserviti. Scambiatevi il segno della pace.
 

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