Il delitto di Ospedalicchio il pm Manuela Comodi sta per chiedere quattro rinvii a giudizio


I banditi cercavano un “tesoro” sotterrato in un campo


Una donna dell’Assisano aveva fatto una soffiata di 36mila euro nascosti
La ferocia degli aggressori che lo picchiarono fino afrantumargli le costole


Il prossimo 8 novembre scadranno i tempi della custodia cautelare per i quattro detenuti accusati, dal pubblico ministero Manuela Comodi, dell’omicidio, a scopo di rapina di Luigi Masciolini e delle lesioni gravi in danno della moglie, Maria Ragni, reati consumati a Ospedalicchio di Bastia Umbra, nella notte tra il 23 e il 24 settembre del 2004. Per quella data, comunque, dovrebbe essere stata già fissata l’udienza per la richiesta di rinvio a giudizio, visto che già da qualche settimana, l’accusa ha inviato l’avviso di conclusione delle indagini, che viene considerato, ed è, l’anticamera della richiesta di rinvio a giudizio. Quattro sono le persone coinvolte in questo terribile, allucinante delitto, che ha colpito profondamente l’opinione pubblica, sia per la sua brutalità e ferocia, sia per il fatto che le vittime sono persone anonime, normali, che mai e poi mai si pensava potessero rimanere vittime non di un omicidio, ma neanche di un furto. Ed invece…


Elio C. Bertoldi


PERUGIA – A consumare questo feroce omicidio, secondo l’accusa (supportata dalle indagini dei carabinieri del Rono), sarebbero stati Francesco Rota di 45 anni, nato a Genova, residente a Firenze, Bruno Albini, di 34 anni di Civicastellana (Viterbo), Thomas Poropat di 24 anni di Roma, residente a Prato e Antonio Scozzavafa di 26 anni di Crotone, residente a Perugia. Tutti e quattro frequentano il Perugino o perché vi abitano o perché in zona vivono parenti, amici, amanti. I quattro sono difesi da un collegio di penalisti formato dagli avvocati Juvara, Di Rocco e Piras e dall’avvocato Vincenzo Rossi di Perugia).
– Genesi. Il furto, e il conseguente omicidio, sarebbero nati da una “soffiata”. Opera di una donna, che vive nella zona di Assisi, amica e parente di uno del gruppo formato da giostrai. La “gola profonda” avrebbe confidato che l’anziano agricoltore, teneva nascosti in casa e magari sotterrati, lungo uno stradello che portava ad un campo di granoturco, dei soldi. Una cifra rilevante: 72 milioni (36mila euro nell’attuale divisa). Cifra che aveva suscitato l’interesse della banda che aveva preparato il colpo. Una azione semplice, sulla carta. Si trattava di andare nell’abitazione di Ospedalicchio di Bastia Umbra e costringere i due anziani coniugi a rivelare dove avessero nascosto i loro risparmi. La fase finale di messa a punto dell’operazione era stata programmata, poche ore prima del colpo, nel corso di due colloqui, successivi, che si erano tenuti, tra un boccale di birra e l’altro, in un bar di Ponte d’Oddi, il primo e in un locale di biliardo, tra una partita di stecca e l’altra, a Ferro di Cavallo. E proprio da qui, con una Punto grigia era partita la banda per consumare il colpo. Arrivati sul posto, i malviventi, avevano dovuto rinviare di qualche decina di minuti la loro irruzione, per la presenza, di un vigilante che controllava una fabbrica vicina alla casa dei Masciolini. Una volta avuta la strada libera i quattro avevano forzato il portone dell’abitazione, erano penetrati all’interno ed erano saliti al piano alto, dove la coppia riposava, in camera da letto. Qualcuno dei componenti del commando, doveva aver fatto troppo rumore, tanto che il padrone di vasasa, si era svegliato e aveva acceso la luce. Sulle scale, dove si era portato per controllare, vestito con il solo pigiama, però era stato bloccato, spinto in camera e gettato sul letto.
– Sevizie. Nella loro ricerca spasmodica del “tesoro”, i rapinatori erano riusciti solo a racimolare una cassettina di ferro con all’interno 800 euro (che costituirà poi l’intero bottino portato via). Per cui, col passare dei minuti e con la frustrazione di non aver trovato nulla, crebbe la ferocia dei quattro, in particolare di Francesco Rota e di Thomas Poropat, i più aggressivi della banda. Secondo gli accordi, Antonio Scozzafava era rimasto fuori dall’abitazione, a far da palo; in casa erano saliti Rota, Poropat e Bruno Albini. Quest’ultimo aveva avuto il compito di controllare la signora Maria, gli altri due si erano accaniti sul povero Masciolini. Il quale, alle loro domande insistenti (“Dove hai nascosto i soldi?”) non rispondeva. Allora mentre il Poropat teneva fermo il vecchio, steso sul letto, per i piedi, l’altro, il Rota, reiterando ossessivamente le domande, colpiva, senza freni, l’anziano. Il quale non si lamentava neppure, ma emetteva (lo dicono gli stessi componenti della gang) solo flebili lamenti. Un pestaggio terribile. I medici legali hanno appurato che Luigi Masciolini, colpito, anche con un corpo contundente, non solo con i pugni, è morto “per insufficienza cardiorespiratoria acuta in soggetto con fratture costali multiple”.
– Dialetto. Mentre consumavano la loro azione criminosa i componenti della banda, tra di loro, comunicavano in un incomprensibile dialetto piemontese, parlato solo da una piccola comunità e che si chiama “sinto canterino”. Un modo per sentirsi, tra di loro, sicuri. Dagli interrogatori è emerso che, per entrare in casa, i malviventi avevano portato dietro attrezzatura atta allo scasso e anche una torcia elettrica, che sarebbe stata impugnata da Bruno Albini. Una volta entrati nell’abitazione e sorpresi i due anziani coniugi, sarebbero state accese le luci. Per immobilizzare i due anziani, i banditi avevano preparato dello scocht, del nastro adesivo, insomma, per pacchi. Il nastro era stato passato ai polsi e alle caviglie sia dell’agricoltore che della moglie. Un altro pezzo di nastro era stato incollato sulla bocca dei due anziani. Sistemati sul letto coniuga; le, uno accanto all’altro.
– Morte Con ogni probabilità l’anziano agricoltore era morto mentre ancora i banditi erano in casa, intenti a cercare il denaro. La povera signora Maria era rimasta accanto al corpo senza vita del coniuge per ore. Fino a quando nel primo pomeriggio, cioè grosso modo dodici ore dopo l’irruzione dei malviventi, era scattato l’allarme. Per Luigi Masciolini non c’era più nulla da fare. L’anziana signora, in stato di choc, stravolta dal dolore e dall’esperienza vissuta, era stata condotta all’ospedale di Assisi. Si era ripresa lentamente, dopo molti giorni. E è rimasta segnata dalla tragedia che l’ha travolta.
– Svolta. La prima svolta nell’inchiesta arrivò con il detenuto Sergio Marchetti, che dal carcere di Sabbioni di Terni chiamò il pubblico ministero Manuela Comodi per “importanti comunicazioni’. Marchetti, anche lui nomade e in carcere per vari reati, il più grave dei quali l’omicidio di don Giuseppe Valigi, parroco di Cordigliano, ammazzato, nel corso di una azione simile a quella di Ospedalicchio, per 500 euro, spiegò quello che sapeva il 28 luglio dell’anno scorso. Coinvolse, come partecipante all’azione, anche un certo D.H.,che poi risultò estraneo e vittima di uno scambio di persona: era stato confuso per il suo fratellastro (il Rota). Il cerchio si chiuse poi quando gli investigatori, registrarono, con una microspia posta nella sala colloqui del carcere, un colloquio tra il Marchetti e il genero, l’Albini. Era il 22 ottobre 2005. Nel frattempo il Racis di Roma aveva trovato su un pezzo di nastro, usato per bloccare i due anziani complici, l’impronta di un dito di Thomas Poropat.



“Spiato” il colloquio tra parenti


PERUGIA Ecco, nelle parti più significative, cosa si dissero Sergio Macchetti e Bruno Albini nel corso de colloquio, all’interno del carcere di Sabbione, registrato, a loro insaputa, dagli inquirenti,
 Albini: “Questa cosa la sapiamo solo io, Thomas e quello lì, come si chiama il fratello della Lilli?”
Macchetti: ‘Quanto gli avete preso?”
Albini:”Due milioni, che ci siamo divisi in parti uguali”
Macchetti: “Tutto questo per due milioni?”
Albini: “Ma se io l’ho legato, se poi lui è morto…. Ho detto di farlo morire, ho detto lascialo tanto non parla…”  
In questo colloqui, insomma, l’Albini si ritaglia una parte di “buono” che, chiisà, se potrà tornargli utile di fronte ai giudici per alleggerire la propria posizione.

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