Manca il denaro necessario per saldare i crediti di dieci imprese coinvolte nella vicenda


Le aziende non liquidate si rivolgono a un avvocato


MASSIMILIANO CAMILLETTI


BASTIA UMBRA – Dieci delle cinquanta imprese artigiane rimaste coinvolte nel fallimento Hemmond dopo aver incontrato il curatore fallimentare ed aver appreso definitivamente che il denaro per saldare i loro crediti non c’è più hanno dato mandato all’avvocato Giuseppe La Spina (che curò gli interessi degli artigiani anche nel fallimento Icap) di andare a fondo sulla questione. Le deleghe gli sono state conferite all’inizio di questa settimana. Ora l’avvocato studierà la pratica e deciderà che tipo di azione intraprendere. Non è esclusa l’ipotesi di una causa contro il giudice e il curatore fallimentare qualora si configurino – come qualcuno prefigura – gli estremi del dolo. Insomma la questione è delicatissima. “Due anni fa – spiega Roberto Saba titolare di una piccola impresa artigiana che deve ancora riscuotere 28mila euro – ci dissero che alla scadenza del contratto ci avrebbero pagato. L’azienda venne affidata a Ferrante e il primo aprile 2003 venne firmato un contratto di vendita del materiale giacente in magazzino e il contratto d’affitto. Ci avviciniamo al primo aprile 2005 e i soldi per pagarci non ci sono perché Ferrante non ha pagato i quattro miliardi di vecchie lire pattuiti per rilevare le giacenze di magazzino di cui oggi si è persa traccia. Non si riesce nemmeno ad attingere alla linea di credito di un milione e mezzo di euro deliberata da una banca svizzera (Km Bank) a favore della Ferrante il 30 luglio 2003. (C’è il timore che si tratti di una fideiussione fantasma). Quel che resta del fallimento (avvenuto a fine giugno 2002), basterà solo a pagare il 30% dei rappresentanti”. Per gli artigiani, che sono creditori privilegiati, non c’è più nulla. I dieci artigiani che si sono affidati all’avvocato vantano crediti che vanno da un minimo di 7-8mila euro fino ad un massimo di 50-60mila euro. In media di 25-30mila euro a testa. Ma c’è un ulteriore dettaglio che Saba non riesce a digerire: “Sembra che il curatore e il giudice fallimentare denunciarono Ferrante nell’ottobre 2003, ovvero sei mesi dopo che l’azienda gli venne affidata in affitto, perché non ci vedevano chiaro sulle fideiussioni prestate. Ma di questo, fino ad oggi che abbiamo deciso di iniziare a scavare per conto nostro, non si è saputo mai niente. Come del resto scopro soltanto ora che nel comitato dei creditori c’era un rappresentante degli artigiani nominato dal tribunale”. Perché questo silenzio?

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