Nel 1907 si rese necessaria addirittura la costruzione di un nuovo mattatoio

ANTONIO MENCARELLI

BASTIA UMBRA – C’è stato un periodo, risalente a cinquanta-sessanta anni fa, in cui ai bastioli era stato cucito addosso un nomignolo, dal sapore a dire il vero offensivo, quello di “porcari”, oggi però del tutto dimenticato. L’epiteto lo si sentiva durante le partite di calcio, lanciato dalle tifoserie avversarie, o in altre varie occasioni di confronto campanilistico e prendeva origine dal fatto che a Bastia una folta schiera di persone esercitava da molti anni il mestiere del commercio di suini. Questa attività prese avvio nel periodo successivo all’unificazione dell’Italia, quando si aprirono le barriere doganali che impedivano la libera circolazione delle merci. I censimenti dello Stato pontificio già prima del 1860, e quelli del nuovo Regno successivamente, elencavano un discreto numero di lavoratori classificati come “porcai” o “negozianti” e furono queste famiglie a far decollare il commercio dei maiali. Quando, infatti, per effetto della libera concorrenza giunsero nel nostro territorio le merci prodotte in Val Padana, tra cui i suini da ingrasso, si aprì una profonda crisi che mise in ginocchio gli allevatori locali. Ma tra quei commercianti ci fu chi capì di portare al Nord i lattonzoli il cui ingrasso non era più conveniente qui da noi. Bastioli (e costanesi) intrapresero questa strada facendo rifiorire l’allevamento dei suini nostrani, la cui razza era molto apprezzata dalla gente del Nord per la robustezza, per il sapore della carne e la resa al macello. Li spedivano per ferrovia in Emilia Romagna, in Veneto, in Friuli, in Lombardia. Il mercato di Bastia divenne una delle piazze più importanti della provincia, tanto che la Prefettura spostò anche il giorno, dal martedì al venerdì, per evitare la concomitanza con quello di Perugia. Nel 1907 fu costruito il nuovo mattatoio che nel 1955 raggiungerà numeri da primato, perché vi si macellavano il 78% dei capi di tutta la provincia di Perugia. I negoziatori di suini radunavano intere famiglie (i Renzini, i Brunelli, i Ponti, i Moretti, gli Stangoni, e a Costano i Mencarelli, i Caccinelli, i Giuliani, i Polinori) e costituivano quasi una classe sociale, distinta anche nell’abbigliamento. Avevano come ritrovo abituale il Caffè del Commercio, nella piazza principale. Forte la loro presenza nei mercati delle cittadine umbre. I mercati erano una adunata variopinta e vociante di gente che si alzava all’alba, arrivava con i camion pieni di ceste di suini ben custoditi nella paglia e iniziava il faticoso lavoro della contrattazione, durante la quale si gesticolava, si gridava per pattuire il prezzo. Indimenticabile la figura dei mediatori, la cui funzione era essenziale per la compravendita. I mediatori più rinomati erano tutti di Bastia. Arrivavano a piedi, con le biciclette e, dopo la motorizzazione, in auto, ma qualcuno dei più quotati giungeva anche in taxi. Intorno al mondo dei porcari girava una folla fatta di garzoni, aiutanti, scaccini, che avevano la possibilità di girare il mondo e uscire dall’ambito strettamente paesano. Con lo spopolamento delle campagne il mestiere del negoziante iniziò un lento declino. L’arrivo dei grandi allevamenti, l’istituzione dei contratti di soccida ne decretarono la scomparsa. E così il mercato, con i suoi riti, le sue voci, i curiosi personaggi, è oggi un mondo tramontato per sempre.

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