di VITTORIO FELTRI
Diamo la parola ad Antonio vi Pietro. Gli spetta in questo momento un po’ balengo tanto simile all’avvio di Tangentopoli e tanto diverso nell’interpretazione che ne forniscono il mondo politico e quello dell’informazione. Nessuno meglio di Tonino è in grado di spiegare perché dodici anni fa chi aveva ottenuto denaro sottobanco fu bastonato, mentre chi recentemente ne ha incassato da Parmalat viene lasciato in pace sia dalla magistratura sia dai mass-media. Una risposta parziale l’avrei anch’io. In questo scandalo ci sono quasi tutti i partiti, destra centro e sinistra; di conseguenza pochi hanno qualcosa da guadagnare dalle disgrazie altrui. Conviene ripararsi in compagnia sotto lo stesso ombrello o piuttosto che rischiare un bagno comune. Quanto ai giudici, sanno che muovendosi stavolta hanno addosso entrambi gli schieramenti e non possono avvalersi di protezioni politiche. Anche l’opinione pubblica è cambiata. Stanca di processi a senso unico, parecchi dei quali falliti, non è psicologicamente predisposta a una seconda edizione di Mani pulite che sarebbe accolta con diffidenza.
Negli anni della “rivoluzione anomala” i cittadini applaudivano ad ogni taglio di testa non per sete di sangue; volevano semplicemente chiudere con la prima Repubblica nella speranza di contare di più nella seconda. Poi si accorsero dell’inganno. E cioè che i più vecchi e bolsi, i comunisti, per il sol fatto di aver sostituito l’antica sigla con una fresca, e di aver schivato la galera, si erano promossi a innovatori e candidati a guidare il Paese. Una truffa. Bene architettata però mal realizzata, tant’è che nel 1994 fu Berlusconi a vincere le elezioni col suo Polo improvvisato. Inutile ricostruire la storia dell’ultimo decennio, la conoscete. Utile invece sottolineare la frustrazione della gente davanti alla costatazione che niente è mutato e molto si è deteriorato. Quello che “non è successo” ha azzerato la fiducia negli italiani. I quali non si entusiasmerebbero più a vedere altri ladri in manette né incoraggerebbero i pm a darci dentro con le inchieste. La magistratura ha fiutato l’aria e procede coi piedi di piombo o non procede affatto. Sicché la vicenda Parmalat rimane lì in sospeso; e infastidisce chi avrebbe l’obbligo di affrontarla, infastidisce le banche, infastidisce i risparmiatori rassegnati al bidone, infastidisce gli imprenditori cui è più difficile, adesso, accedere al credito, infastidisce i potenziali imputati consapevoli del pericolo al quale vanno incontro.
E l’informazione perché si è defilata? All’inizio di gennaio, appena scoppiato il bubbone, scrissi un articolo su questa pagina e sostenni che i partiti non erano estranei al crac. Commento unanime: il solito Feltri. Poi una indiscrezione attribuì a Tanzi la confessione di aver finanziato trenta uomini politici. I nomi, eccetto due o tre, non sortirono. Ovvio. I verbali erano stati segretati altrimenti sarebbe stata bufera. Ma i segreti in Italia sono tutti di Pulcinella e in questi giorni quei documenti scottanti sono piovuti sui nostri tavoli, e ne abbiamo pubblicato i contenuti con tanto di nomi e cognomi e cifre. Ci piacerebbe poter dire che lo scoop è dipeso dalla nostra bravura, dalla nostra abilità nello scovare notizie segrete. Peccato non sia così. Gli stessi documenti sono stati visionati da colleghi di vari giornali eppure non ne è stata divulgata una riga. Curioso. Dove sono finiti i sacerdoti della libertà di stampa e della completezza di informazione? Dove sono finiti gli integerrimi cronisti giudiziari, i D’Avanzo della Repubblica, i Gomez dell’Espresso e i Travaglio dell’Unità? Già, Travaglio caro, qui se c’è una banana sei tu, un bananone. Finché si tratta di sputare su Berlusconi, avanti tutta. Ma se è in ballo la prima fila della politica ti ritiri nel terrore di calpestare una buccia.
Da lustri si dice che il Cavaliere uccide la libertà di stampa, soffoca i quotidiani, rende stupide le tivù. Ma non sarete voi colleghi ad applicarvi il silenziatore? Non venitemi a raccontare che è lui a impedirvi di sbattere sul giornale i nomi dei signori a cui Tanzi afferma di aver versato quattrini. Quesito. Se fosse Berlusconi nelle grane vi comportereste allo stesso modo, non vedo non sento non parlo? O ballereste il cancan? La vera tragedia non è che la politica si avvalga ancora di contributi “strani”, e neppure che prelevi soldi a una azienda bollita e piena di debiti. La tragedia è che tutto questo, a causa del vostro silenzio, amici giornalisti, non sia spiattellato a uso e consumo dei lettori.
Vi pare giusto, onesto, deontologicamente corretto avere un pacco di notizie e gettarle nel cestino? Eccoci a Giuliano Ferrara, percettore di mezzo miliardo (secondo Calisto). Ignoro come si siano effettivamente svolte le cose. Ma non condanno l’elefantino, figuriamoci. Avessero offerto a me del denaro quando il mio giornale era con l’acqua alla gola, probabilmente lo avrei accettato. Probabilmente. Non capisco però perché Ferrara taccia e si arrabbi con me che non taccio. Problemi fiscali? Ma va là che c’è il condono (lo chiedo anch’io, non si sa mai).
Infine un pensierino per Tanzi. Il quale ha confessato tutto e di più al punto che una parte dei verbali, ripeto, è stata segretata. Se avesse confessato un po’ meno forse avrebbe fatto una cortesia ai magistrati che si trovano invece con una patata bollente in bocca, e a tanta altra gente. Allora per quale motivo lo tengono in carcere? Desiderano proteggerlo da eventuali killer? No, si è più sicuri a casa che in galera, è provato. Che senso ha la cella prima del processo a un anziano cardiopatico e irrimediabilmente rovinato?
Cercate il tesoro? Non cercatelo in America o nelle isole caraibiche; se c’è, si trova in italianissime tasche.
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