Troppe omissioni e nessuna verità sulla fine di Samuele De Paoli, trovato cadavere 3 anni e mezzo fa. Parla la madre Sonia Sorbelli

di Alessandro Antonini
PERUGIA
“Troppe omissioni e nessuna verità, ancora. E sono passati tre anni e mezzo. Samuele è il figlio di tutti. Mi devono aiutare. Quella sera era uscito per un aperitivo ed è stato ritrovato morto ammazzato. Hanno paura tutti di parlare”. Sonia Sorbelli, la mamma di Samuele De Paoli, il calciatore 22enne trovato morto nudo in un fosso a Sant ’Andrea delle Fratte nell’aprile del 2021. La trans Patrizia (Pinheiro Duarte Hudson), che era stata accusata di omicidio preterintenzionale, era stata assolta “perché il fatto non sussiste”. La procura generale, diretta da Sergio Sottani, ha presentato appello, l’udienza si terrà il 23 ottobre. “Purtroppo – continua Sonia, che non si è mai arresa al responso di primo grado – alcune cose sono chiare in questa vicenda: sono stati tagliati i video, manomessi o cambiati. E gli originali dove sono? Mancano i momenti cruciali dei filmati. Per non parlare dei 4 dna non analizzati, di cui due sotto un’unghia della mano sinistra di Samuele”. L’indagine è stata riaperta dalla procura generale ma ancora non ci sono certezze. Dopo tre anni mezzo dalla morte di mio figlio non so ancora cosa è successo davvero. O meglio, abbiamo dei sospetti, ci sono degli indizi chiari, ma ancora nessuna verità giudiziaria. La mia lotta deve andare avanti e andrà avanti, a prescindere dai tribunali”, fa sapere Sorbelli.Il procuratore Sottani, nell’atto di impugnazione della sentenza di primo grado, “confuta innanzitutto le dichiarazioni dell’imputata nella parte in cui afferma di aver soltanto allontanato e non cercato di strozzare il suo aggressore. In realtà – dice una nota della procura generale – dalle risultanze mediche viene dimostrato che il decesso è avvenuto a seguito di un’azione di strozzamento”. Il procuratore effettua inoltre una diversa ricostruzione del momento della morte di Samuele rispetto alla sentenza di primo grado.
Secondo il gip, il rapporto sessuale, la colluttazione e la morte del giovane sono avvenuti tutti all’interno dell’abitacolo della Panda rossa della vittima nella posizione di guida. Il corpo del giovane sarebbe stato trascinato dall’imputata successivamente al decesso, fuori dall’auto egettato nel fosso. Diversamente, secondo la ricostruzione del procuratore, “la colluttazione, pur iniziata all’interno dell’abitacolo dell’autovettura, è proseguita all’esterno ed il giovane è morto nel fosso. D’altronde, che l’omicidio sia avvenuto fuori dall’automobile e che non ci sia stato trascinamento sembra dimostrato anche dalla posizione del corpo del ragazzo nel fosso, la cui testa è nella direzione dell’autovettura. Secondo l’atto di impugnazione – recita la nota della procura generale – la vittima voleva far scendere l’imputata dall’autovettura e per questo l’ha aggredita. Quest ’ultima ha apposto resistenza e quando il giovane è caduto nel fosso, l’imputata, invece di scappare, come avrebbe potuto, ha seguitato ad afferrare il collo del ragazzo e lo ha strozzato cagionandogli la morte, pur non voluta”.

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