Riceviamo e pubblichiamo

di Paolo Ansideri

Paolo Ansideri

Comincia con un parroco, continua a tratti con le amministrazioni di sinistra e trova compimento sistematico con quelle di destra.

La storia dell’impianto urbanistico ed architettonico di Bastia Umbra nelle forme e dimensioni che oggi sono a noi arrivate è caratterizzata da un’incessante opera di demolizione e ricostruzione che dal dopoguerra ad oggi è stato il vero genius loci, la vera idea guida per buona parte dei decisori.

In una città orfana di un passato significativo, forse afflitta da un complesso di inferiorità nei confronti dei centri storici limitrofi, che costringe qualcuno a inventarsi patetici “Borghi antichi” e “Cortei rinascimentali” che sfilano tra ali di auto in sosta, è diventato pensiero corrente e condiviso l’idea che ogni costruzione esistente sia destinata “naturalmente” alla sua sostituzione con altro costruito.

Non viene in fin dei conti riconosciuto alcun valore pubblico, collettivo, all’edificio che di volta in volta è oggetto di riconversione o comunque un valore inferiore al nuovo che si insedierà.

L’area Spigadoro-Petrini

È in questo contesto che trova spiegazione l’attuale decisione dell’amministrazione di opporsi al vincolo

della Sovrintendenza sull’ex Stabilimento Spigadoro-Petrini e che trova nell’assessore Fratellini il più strenuo rappresentante.

Va riconosciuta al vicesindaco una rara capacità di alterazioni dei fatti che accompagna il lettore, non al corrente della documentazione, verso un esito apparentemente ineluttabile: demolire. 

Per chi come il sottoscritto, sta invece acquisendo tutta la documentazione necessaria per comprendere i termini del problema, appare subito il macroscopico artificio consistente nell’omissione totale dei pareri del 2023 della Sovrintendenza, sulla motivazione del vincolo, quindi “… raccontiamo le cose ai cittadini come stanno..”, ma sul serio!!!

L’articolo del vicesindaco si dilunga ampiamente sulle affermazioni contenute nella Determina Regionale 5652 del 2019, con l’intento di evidenziare i pareri allora favorevoli alla demolizione di Provincia e Sovrintendenza e liquida in poche battute tutta la mole di documenti che la Sovrintendenza produce nel 2023, 4 anni dopo, a supporto della decisione di vincolo frutto dei nuovi fatti nel frattempo accaduti, facendo così risaltare un’apparente contraddizione.

Se l’assessore fosse stato attento, anche se non sensibile, a quanto dichiarato dalla Sovrintendenza nella relazione di vincolo del gennaio 2022 sulle tanto avversate “casette di Renzo Piano dell’ex CIM”, avrebbe capito che il “… riconoscimento di valore [storico-architettonico] è supportato dall’inserimento dei manufatti […] nel Censimento Nazionale delle Architetture Italiane del secondo novecento … “ promosso nel 2018 dal Ministero della Cultura.

Siccome gìà sapeva che lo stesso sito Spigadoro-Petrini era stato inserito in quel censimento, insieme ad altre quattro opere bastiole, non si può ora meravigliare che la stessa motivazione di vincolo venga ripetuta nell’ottobre 2023 per questo sito e addirittura con le stesse identiche parole.

Ed è proprio questo il fatto nuovo che porta la Sovrintendenza al cambio di parere e decreta un destino diverso dalla demolizione.

Se l’assessore oltre che avversare, a prescindere, ogni opinione diversa dalla sua, riuscisse a fare proprie sensibilità diverse, allora si metterebbe in un’ottica di superamento del problema partendo dal fatto che i vincoli comunque non saranno rimossi, e potrebbe trovare delle opportunità che coniugano interesse pubblico e privato.

Per esempio potrebbe cercare la collaborazione del “sempre in guerra” ministro Gennaro Sangiuliano, convinto espugnatore di tutte le roccaforti culturali appartenute all’”egemonica cultura rossa” e da cui dipende la “Direzione Generale Creatività Contemporanea”, che ha organizzato il censimento del 2018 con l’intento di promuovere “… una riflessione generale sullo stato del patrimonio architettonico recente, per accrescere la consapevolezza del suo interesse e favorirne la salvaguardia, con riferimento anche al recupero delle periferie e alla rigenerazione urbana”.

Capirebbe così come questo sia quanto mai pertinente per la nostra città e coincidente con quanto di essa afferma la Sovrintendenza nella motivazione di vincolo; “ … se la vicina meravigliosa Assisi è ‘la città che guarda al passato’, Bastia Umbra è la città che guarda al futuro […] la sua “diversità” è, oggi, da considerarsi come un elemento distintivo e qualificante. […] ha ridisegnato la sua immagine urbana e paesaggistica, unica in Umbria, creando ‘nuovi valori identitari’ che ne caratterizzano l’immagine storicamente consolidata attuale, in un confronto ‘città antica-città nuova’ sofferto, ma che ha oggi raggiunto un equilibrio”.

Finalmente e per la prima volta i cittadini trovano lo Stato, con le Sovrintendenze, dalla propria parte nel porre fine alla demolizione di opere che la comunità scientifica nazionale, prima ancora che quella locale, dichiara di interesse pubblico, decretando così un giro di boa nella recente storia edilizia della città.

Trasparenza, democrazia e partecipazione

La verità è che si dipana da lungo tempo una procedura amministrativa che lascia noi cittadini quanto meno sgomenti.

È possibile che la comunità sia messa al corrente di decisioni imminenti così importanti solo alla fine di un complesso iter istruttorio durato ben 4/5 anni?

È possibile che la comunità venga a conoscenza dei progetti di riqualificazione di Piazza Mazzini e via Roma solo a decisioni già prese dopo circa 2 anni di gestazione interna?    

È possibile che la comunità venga a conoscenza dei progetti di abbattimento generalizzato di tutti i pini di 3 importanti vie solo a decisioni già prese dopo circa 2 anni di gestazione interna?

Potrei continuare con il copia e incolla ancora a lungo, ma la sintesi del tutto è molto semplice:

stanno trasformando la città dalle fondamenta fino agli aspetti che la connotano nel profondo e a trasformazione compiuta ci troveremo ad abitare in una città sconosciuta e tutto questo a nostra insaputa.  

Programmare salvando e non demolendo

La programmazione non può passare per l’eliminazione della Sala del Consiglio di Giancarlo Leoncilli Massi, il cui Palazzetto è stato esso stesso inserito nel censimento, per l’eradicamento di tutti i pini storici della città, per la demolizione di opere di maestri dell’architettura contemporanea come Renzo Piano e di opere significative del paesaggio urbano come le torri silos Petrini-Spigadoro, per la riqualificazione di Piazza Mazzini e via Roma all’insegna del basso profilo e del timore del “troppo osare”, perché si considera Bastia troppo modesta per aspirare ad una qualità superiore rispetto alla semplice manutenzione straordinaria.

La programmazione non può passare per la sostituzione della S cerchiata e intrecciata ad una spiga di grano, caratteristica di questo territorio, con la M, logo distintivo di una nota catena di fast food, che omologa il pianeta da Seattle a Bangkok 

La programmazione è frutto di una visione della città fondata su valori profondi a partire dai quali qualcosa va tutelato e il molto da progettare va pensato includendo e dialogando con questo.

Quei valori non vanno strumentalmente utilizzati solo per prendere il potere e ripudiati il giorno dopo la conquista: chi inneggiava a memoria e identità cittadina violata nella marcia dei 500 contro la demolizione dell’Eden Rock?

Sta all’ente pubblico lo sforzo di rimuovere le distanze tra interesse collettivo e interesse privato.

A chi non percepisce quei valori non rimane che una strada obbligata: azzerare tutto e ripartire da un piano liscio e sgombro di inutili orpelli per spalancare la via definitivamente all’Outlet Bastia Umbra, uscita SS 75 Bastia Centro.

Segui gli sviluppi del tema nel numero 6 del Magazine Progetto-Bastia “L’area Spigadoro-Petrini” link https://progettobastia.it/2023/12/progetto-bastia-n6/

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