Il Tar ribalta la decisione: “Il reddito estero è tassato negli Stati Uniti e non la esclude dai diritti di cittadinanza”
Niente permesso di soggiorno per una cittadina statunitense con casa ad Assisi
di UMBERTO MAIORCA
ASSISI – La Valle di Assisi è un luogo incantevole e, quindi, non è difficile capire come sia facile innamorarsene. Gli anglosassoni e gli statunitensi, in particolare, lasciano tutto per stabilirvisi. Ed è quanto accaduto ad una cittadina degli Stati Uniti che ha comperato casa ad Assisi, ci risiede con permesso di soggiorno “per residenza elettiva”, e ha poi chiesto il rilascio del “permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo”. Dalla questura, però, è arrivato il rifiuto alla domanda e la conseguente espulsione in quanto “parte rilevante del reddito deriva da rimesse dall’estero e che pertanto non sarebbe valutabile ai fini in questione”. Cioè la pensione da dipendente negli Usa.
La pensionata, quindi, ha dovuto lottare con tutte le armi a disposizione per poter rimanere ad Assisi. E alla fine ha avuto ragione davanti al Tribunale amministrativo regionale. Per i giudici il reddito della donna è in linea con quanto richiesto dalla legge, ma il fatto che derivi da rimesse dall’estero (in effetti si tratta di una pensione erogata dalla Social Security Administration degli Usa) fa sì che non vengs “assoggettato alle imposte dirette in Italia e non risultante dalla documentazione fiscale”. Non per questo, però, la signora è “in posizione irregolare dal punto di vista fiscale; del resto sarebbe di competenza degli uffici finanziari, semmai, accertare e perseguire le eventuali inadempienze”. Anzi “è verosimile che l’imposizione sia effettuata nel paese d’origine”.
Quindi alla donna non si può imputare un comportamento scorretto. Anche perché la legge “richiede solamente un determinato reddito, ma non specifica che si debba trattare di reddito prodotto in Italia o comunque assoggettato alla imposizione fiscale in Italia”.
La tesi sostenuta dall’amministrazione pubblica, però, riguarda “il conseguimento della carta di soggiorno che ammette il suo titolare ad usufruire di tutti i servizi sociali cui è ammesso il cittadino; logicamente, dunque, tale beneficio non sarebbe concedibile se non a chi contribuisce con le proprie imposte”. Per i giudici del Tar, però, tale “tesi non appare condivisibile. Nel sistema della Costituzione repubblicana tutti i cittadini nonché, per quanto previsto dalla legge, anche gli stranieri hanno il dovere di concorrere a contribuire alla “solidarietà sociale” ed hanno il diritto di usufruire delle relative prestazioni. Non vi è un rapporto di corrispettività in senso stretto fra contribuzione e prestazione, come avviene invece per la mutualità volontaria in regime privatistico”. I diritti del cittadino, quindi, possono essere esercitati anche da chi per mancanza di reddito o per altra causa è legittimamente esente da imposizione fiscale. Da qui la decisione a favore della donna.
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